1 7ti UBKO XI, CAPO l. escludevaii assolutameule, lo nego. Dall’ esame infatti, che abbiamo compiuto nel precedente libro, sui registri pubblici, s’è veduto abbastanza chiaramente, che per quella legge non vi erano punto rimasti esclusi i plebei, come spacciarono tanti nei secoli posteriori, ned era diventato già quel Consesso ereditario e perpetuo. Poteva Maria Bocconio, poteva Giovanni Baldovino, potevano in somma tutti gli altri popolari, che per quella legge si chiamarono offesi, essere aggregati al maggior Consiglio tostoché ne fossero riconosciuti meritevoli o per antica appartenenza della loro famiglia o per le loro personali prerogative. Con più esattezza pertanto io credo doversi dire, che il Bocconio e i suoi aderenti, disperando, che la loro ambizione potesse mai più trovarsi appagata coll’aggregazione a quel sovrano Consesso, o perchè non avevano meriti personali o perchè avevano nella Quarantia poca protezione e favore, sicché non potevano lusingarsi d’ essere dichiarati tra gli eleggibili ; si posero d’accordo tra loro e trassero altresi molti altri nel loro partito, per tentare di ottenere colla violenza ciò che per via legittima ed ordinaria si figuravano di non poter conseguire. Questo, giudiziosamente pensando e con buona critica, fu lo stimolo che gl’indus-se alla sconsigliala loro intrapresa. Bensì io son d’avviso, che il popolo propenso ad esagerare le cose e per lo più non atto ad intenderle nel suo vero spirilo, istigato fors’anche dal malumore di que’che gli travisavano la realta e la sostanza di quella legge, credè per essa usurpati i suoi diritti sovrani, e quindi concorse in massa ad accrescere col Bocconio e col Baldovino il numero dei malcontenti. E di qua cred’ io presero origine l’inesattazza e la falsità di tante crouache, le quali narrarono quell’ avvenimento con circostanze sostanzialmente contrarie alla realtà, che ce ne dimostrano i registri autentici e originali : sembrami di averne detto abbastanza nei tre ultimi capi del libro pie-cedente. Quante volte non avviene anche ai di nostri, che un fallo cangi di aspetto e si esageri e si stravolga col suo passare di bocca in bocca ; sicché poi messo a confronto colla sua originaria