men che quaranta! quel quaranta fatale, che muta a’ computi desinenza, ed apre la porta a quella misera serie di anta, che non finisce più e non ci lascia se non sull’orlo del sepolcro, dove gli anni finiscono. Trentasette ! età equivoca, problematica, incerta, che non è gioventù e non è nemmeno vecchiaia, nè si sa come definire! Imperciocché direte voi giovane a un uomo nato forse nel 1799 e che appartiene però a un altrd secolo, al secolo XVIII ; che vide già trentasette volte, men una, aperta di Car-noval la Fenice, e ne approfittò forse per venti ò per trenta? il quale avrà forse, e ne conosco più eh’ uno, il parrucchino,' e penserà alla dote delle figliuole ? Oppure il chiamerete vecchio, quando può ancora raddoppiare la età, e non ha d’uopo, a vedere suoi fatti, d’occhiali ? Giovani e vecchi egualmente il rifiutano : è troppo vecchio pei giovani, troppo giovin pei vecchi ; sì che il pover’ uomo, eh’ è in su quel termine, si trova appunto nella disperata condizione di quegli spiriti infelici di Dante, che non furon ribelli Nè fur fedeli a Dio, ma per se foro, che non san dove ficcarsi, perchè li discacciano egualmente il cielo e l’inferno. A trentasette anni uno ha, o ciò che torna il