5G LIBRO IX, CAPO T. cjual luogo c in qual tempo venisse tra i nostri l’arte vetraria perchè ne siamo affatto all’ oscuro ; né potrebbesi quindi determinare nemmeno con probabilità, se i veneziani 1’ abbiano appresa dai greci o dagli asiatici, ovvero 1’ abbiano seco portata quando fuggirono dal continente. A quest’ ultima conghiettura si mostra propenso il Filiasi (1), « perchè ì romani, da cui discendono i nostri, • sapevano di certo fare il vetro e il cristallo; lavoravano vasi di » ogni sorta col vetro, di esso lavoravan pure dei pezzi sul torno, » tiogevanlo, iìguravanlo con ogni possibile delicatezza e bravura.» Ma lasciando da parte questa indagine diffìcilissima, mi basta notare, clic v’ ebbero tra noi lavori di tal fatta sino dall’ undeciino secolo, e che nel decimoterzo poteva dirsi, che tutta l’arte vetraria fosse raccolta eminentemente in Murano. E di fatto, sino dall’ anno 1230, un Cristoforo Briani, avendo udito dal nostro celebratissimo viaggiatore Marco Polo, che sulle coste della Guinea facevasi incetta di agate, di calccdonie c di altre simili pietre, si accinse a tentarne l’imitazione, e vi riuscì per eccellenza ; sicché, ajutato particolarmente da Domenico Miotto, ebbe agio di spedirne un carico assai considerevole a Bassora, e di arricchire ben presto. Questo medesimo Miotto ridusse dipoi ad arte distinta dalla composizione del vetro l'imitazione delle gemme ; dal che derivò la classe de’ mar-garitcri. Tra i quali Andrea Vidaore fu il primo a maneggiare la margarita alla fiamma volante della lucerna e ridurla più tersa e persino indorarla ; e tanto vi si distinse, che nel 1328 ottenne una matricola particolare. E quanto ai cristalli, in sulla metà del seco- lo XV ne uscivano dalle officine di Murano i primi lavori, e nel secolo XVII l’arte era giunta a sì alto apice di perfezione da avere trovato tutte le possibili graduazioni di colori nel vetro, negli smalti, nelle conterie, ed erasi ridotta al sommo della perfezione la pasta venturina, di cui oggidì si va per lo più lavorando a tentone. Sul quale proposito non saprei come acconsentire all’opinione (i) Mem. ih'primi e secondi veneti, tom. Ili, cap. XXIV.