A.'MWO 1501». 191 guardalo siccome l’asilo della pubblica libertà, e perciò lo si diceva e fondamento della veneziana grandezza e decoro della città e sostegno della cattolica religione. Considerato dunque sotto questi aspetti, diventava esso un geloso recinto, una fortezza, in cui non era lecito a chicchessia 1’ entrarvi senza prima averne ottenuto licenza da un gravissimo magistrato che vi presiedeva ; e perciò in esso fabbricavasi e custodivasi quanto all’ arte della guerra in qualsiasi modo apparteneva. Della fabbricazione e dei depositi della polvere che vi erano, lasciò memoria, tra gli altri, Pietro Martire d’Anghie-ra, ossia, Pietro Vermilli fiorentino, ambasciatore presso il sultano del Cairo : egli, nella sua prima relazione, che da Venezia diresse il dì primo ottobre 1501, a’suoi padroni don Fernando cd Isabella di Castiglia, esponendo le varie cose vedute in Venezia, nel tempo della sua brevissima dimora, ricorda l’arsenale, e in esso le mote con le quali si pesta e fa la polvere d’ artiglieria. Oltre a questa c ad altre molte testimonianze, che taccio per amor di brevità, abbiamo una legge del 20 luglio 1509, la quale, sotto pena pecuniaria, vieta di provare in arsenale li sclopi e le bombarde. Si ha memoria altresì delle vasche grandissime di marmo d’ Istria, le quali hanno servilo, sino agli ultimi tempi, alla manipolazione de’ nitri ; ed altre memorie tristissime si hanno de’funesti incedii, causalmente avvenuti per esplosioni, e nei quali soffersero immensi danni i fabbricali dell’ arsenale medesimo e furono recali non lievi guasti ad abitazioni e luoghi della cillà. Fra questi incendii sono memorabili quello del dì 14 marzo 1509, accaduto nelle ore pomeridiane, e per cui fu rovesciata, come dissi poco dianzi, una gran parte del muro presso la vigna di san Daniele ; e 1’ altro ancor più terribile del martedì 1 4 venendo il 15 settembre dell' anno 1569, allorché saltarono in aria da 200 migliaja di polvere con le teze ed edifizii delle macine, e crollarono due torri e vi seppellirono sotto le loro rovine le guardie, che le custodivano. E più grave ancora sarebbe stalo il danno recato da quest’ ultimo disastro, se poco prima non fosse stala trasferita gran parte di quella