254 LIBRO XI, CAPO XIY. consiglieri, i signori di notte, i capi della Quarantìa, gli avogadori, e quanti più potè dei nobili, che sapeva essere al suo partilo affezionati ; e loro manifestò quanto aveva scoperto e quanto sospettava doversi ragionevolmente temere. Ad ogni istante andavano e venivano le sue spie,-e per mezzo di queste di mano in mano era fatto consapevole dell’ entrare dei congiurali ora in quesla ed ora in quella casa, dell’ uscirne armati a drappelli, del concentrarsi questi al palazzo Quirini a san Matteo, dell’aver altri percorsa direttamente la via dalla casa dei Tiepolo a quella dei Quirini ; in somma di dovere riputar questi i conduttori primarii di un qualche sedizioso attentato. Sembra impossibile ; ma pur le cronache tutte ce ne assicurano ; che nel breve intervallo di poche ore, il doge fu in grado di avere sotto le armi un numero considerevole di difensori, i quali stavano aspettando a piè fermo i non più sconosciuti aggressori, per affrontarli ovunque si fossero presentati a tenzone. Ma più precise e sicure furono manifestate al doge tutte le intenzioni e le mosse, che dovevano fare i congiurati, quando uno di essi, Marco Donato della Maddalena, lasciale le schiere di Bajamonte, andò a narrargliene ogni più piccola circostanza. Allora seppe che una parte di loro sarebbe sbucata sulla piazza dalla parte del Mal passo, e l’altra dalle Mercerie; e allora potè quindi dare gli ordini opportuni ai suoi armati, perchè uscissero dal palazzo e si incamminassero verso i punti, donde stavano per ¡sbucare i nemici. Affidò la condotta delle sue schiere a Marco Giustinian da san Moisè, il quale era stato il primo ad accorrere in difesa di lui, insieme coi Dandolo egualmente da san Moisè : e tutti questi conducendo seco quanto avevano di più fidato tra le loro genti. Gli arsenalotti opportunamente giungevano anch’ essi ad accrescere le forze delle soldatesche ducali.