226 muro xi, capo x. Riuscita a male 1’ impresa di Ferrara, e perseguitati perciò i veneziani in ogni angolo dell’ Europa, nelle persone, negl'interessi, nei possedimenti, nel nome; giunse opportuno il momento a Jacopo Quirini di rinfacciare pubblicamente per la città le funeste conseguenze della pervicace ostinazione del doge e de’ partigiani suoi, i quali avevano voluto sostenere il possesso'di quella città; e rinfacciandone i lagrimevoli effetti, egli e i suoi aderenti non cessavano d’ improperare i loro avversari. E questi rinfacciavano a quelli la debolezza di Marco Quirini, il quale aveva abbandonato il castel Tedaldo senza 1’ assenso della signoria e senza venire a battaglia e senza opporvi difesa : ed aggiungevano, che Marco Quirini e con lui Doimo da Canal, conte di Veglia, erano passati d’ intelligenza coi due legati pontifizii ed erano da riputarsi veri traditori della patria. Fosse vera o falsa questa taccia di traditori ; certo è, che Marco Quirini nè fu castigato del fallo imputatogli, nè se ne purgò dalla macchia ; e che Doimo da Canal fu invece accolto a Venezia con molta distinzione, e fu assai lodato pel suo valore e per la sua fedeltà, sicché dovendosi, pochi giorni dopo, eleggere un consigliere pel consiglio del doge, egli vi fu proposto. Nel che ebbe suoi favorevoli e fautori coi molti brogli il Zuslinian, il Micheli ed altri suoi parenti del partito ghibellino. Ma una legge del 1266 opponevasi alla elezione dei conti della Dalmazia a qualsifosse magistratura, tranne all’ essere del maggior Consiglio e del consiglio de’ Pregarti (1) : perciò, appena nel gran Consiglio ne fu pubblicato il nome, prima che se ne incominciasse la ballottazione, Jacopo Quirini montò in bigoncia ed assunse a dimostrare, che il conte di Veglia non poteva essere nè ballottato né approvato ; ed a confermazione del suo assunto, volle che si traesse fuori il testo della legge suindicata. Alle parole del Quirini rispose Ugolino Zuslinian, (i) La legge è registrala nel libro Fra- n pars, quod cornile! Dalmatiae de celerò clus, a carte 6a, ed è così: h iaC6, die 5 » esse non possili! nisi de Majori Consilio « eie-unte Jauuario in M. C. Capta fuit « et de Consilio Rogatorum. «