25t| LIBRO XI, CUPO XI. » beni e le terre del comun di Venezia. » Alle quali testimonianze di scrittori antichi fanno eco le parole di molti altri storici similmente antichi, ma che per amore di brevità io mi astengo dal trascrivere in questo luogo. Mi contenterò di nominarne gli autori, acciocché possa ognuno a suo talento e a suo bell’ agio esaminarli e persuadersene. Così infatti attestò il prete cremonese Giulio Farol-do, ne’suoi Annali veneti (1); così il Marcello nell’opera De vita et moribus et rebus (jestis ominum Duerni venetorum (2) ; così il Dogiioni, nella sua Istoria Veneziana (3) ; così in somma il Vianoli (4), l’Egnazio (5), il Graswincrelio (6), Paold Morosini (7), Nicolò Crasso (8), Pietro Giustiniani (9), il Verdizotti (10), il Veri (11), il de Monacis (12), il Sansovino (13), il Valier (14) ed altri; per non dire di Jacopo Diedo, di Vettor Sandi, di Cristoforo Tentori e di qualche altro, che io reputo di troppo fresca data, né contano per anco l’antichità di un secolo. Nè a tanta uniformità di scrittori, le cui storie sono di pubblico diritto, occorre che io aggiunga le testimonianze di cronache inedite, le quali attestano coi loro racconti la verità del medesimo principio(15); non essere, cioè, stata promossa la congiura Quirino-Tiepola da veruno spirito di libertà nazionale, ma da spirito invece di (i) Pag. 193 dell'ediz. di Venez. 1577. (3) Pietro Marcello, pag. 67 dell’ ediz.