UHM 1280. 47 • esser cosa fuori del verisimile, che il miserabile versificatore, • che diede questa iscrizione, abbia falto per ignoranza o per co- • modo il failo di mettere iste ducatum per hutic ducutimi. Veduta la leggenda nel suo originale, nè ommessovi quel tv, che si trova tra il q. e il iiegis, risulta naturalissimo e semplicissimo c senza vermi errore il sentimento : Sii libi Christe datus, qunn tu regis, iste ducatus. Nè poss’ io qui passar oltre col mio racconto, senz’ avere prima notato una ridicola osservazione, per non dirla piuttosto una maliziosa infedeltà, del Darù sul proposito dell’ avere il doge Dandolo latto coniare la moneta in discorso. « Quello, eh' è più degno » di osservazione, die’egli (i), srè, che per battere que’ zecchini » la repubblica impetrò un privilegio dall’ imperatore e dal papa. » Non può uomo persuadersi, clic uno stato esistente già da otto » secoli, non avesse per anco moneta; sembra piuttosto che quel » privilegio fosse chiesto per la moneta, nuova ; ma fu chiesto, • come nella sua cronaca lo afferma il Sanuto, tra gli storici della • repubblica il più esalto. » E poscia a confermazione del suo racconto, porta in annotazione le parole del Sanudo, il quale dice : ■ Nel 1285 sotto questo doge avendo avuto i privilegi del papa e • dell imperatore di poter far stampare c coniare monete di rame, • <1 argento e d’oro, fino a questo giorno stampatone d’ ar- • genio ecc. » Convien dire, che lo storico francese non intendesse I italiano linguaggio : certo non conosceva punto la nostra storia, eli crasi accinto a narrare. Le parole del Sanudo si riferiscono a privilegi, ottenuti già da più secoli, di poter far stampare e coniare monett di rame, d’ argento e d oro; c di questi privilegi, s’erano serviti i veneziani ; non tanto per lo stampare e coniare simili monete, eh erano padroni di stamparne e coniarne a piacere e di t irle circolare in ogni angolo del proprio stato, senza veruna permissione nè del papa nè dell’ imperatore, quanto per valersene (i) In fmt ilei iib. v.