amo 1310. 249 » il giogo durissimo. £ quand’ anche la riuscita dei nostri tentativi ■ fosse infelice, rammentiamo, che agli uomini saggi fu sempre » meu doloroso l’udire, di quello che il vedere, i mali della patria : • e sempre fu di meu disonore l’essere bandito cittadino, di quello ■ che cittadino schiavo; e quand’anche l’impresa nostra terminasse » col condurci in braccio alla morte, questa porrebbe fine a tutti » i mali che soffriamo o che avessimo in seguito a sotferirc. » Le calde e risolute parole di llajamontc non piacquero punto al saggio e moderato Jacopo Querini fratello di Marco; perchè in esse trovava una soverchia ambizione, commista al più feroce spirilo di* vendetta ; nè punto vi sapeva vedere di quell’ amore di patria, di che tanto faeevasi millantatore. Perciò si accinse a dis-lorre l’adunanza da quell’ audace intrapresa, la quale, mentre voleva la salute della patria, le preporava invece ancor più larga sorgente di sciagure e di guai. Pronunziando adunque parole di moderazione e di pace, ingegnavasi a giustificare le intenzioni del doge Gradeuigo, benché nelle conseguenze non ne raggiungesse questi un buon esito, e danno perciò ne risentisse la patria : proponeva di rinforzare il proprio partilo, per quindi far prevalere nei consigli le opinioni e i progetti, che fossero per giovare viem-maggiormente al bene della repubblica : dichiarava, sè non essere alieno dall’ appigliarsi, occorrendo, alle armi, ma soltanto nel caso estremo: chiedeva in frattanto un indugio, finché foss’ egli ritornato dalla missione, a cui era sialo destinalo, di bailo a Costantinopoli, e prometteva, che al suo ritorno ; ove le circostanze non si fossero cangiate, nè fosse miglioratala condizione della patria: egli medesimo sarebbesi fatto istigatore e consigliere all’ impresa (1). (■) Questa notevolissima circostanza del suggerimento dato da Jacopo Quirini ai congiurati, e da questi apparentemente accettato, finché foss’ egli partito per Costantinopoli, non è ricordata nè dal Laugier uè dal Darù, certo perchè il Morosini, che o VOb. IH. non la curò o 11011 la seppe, la omise nella sua sloiia. Eppure dalla maggio* parte dei cronisti e degli storici nostri, c tra questi dai più autorevoli, è ricordata non solo, ma ne sono portate altresi le parole, che presumibilmente avrà proferito il Quirini. 32