¿16 U11R0 XI, CAPO VII. nelle forme più terribili che si fossero usale giammai ; e sì che il Darù, non a torlo, ne nominò la bolla un monumento di delirio. Essa, nella sostanza, non era che una ripetizione della sentenza pronunziala 1’ anno avanli dai legali di lui. In essa, dopo di avere fatto ai veneziani rimprovero d’ ingratitudine, li paragonava a Da-lan, ad Abiron, ad Assalonne, a Lucifero; comandava loro di sgomberare entro un mese da Ferrara, sotto pena di scomunica pel doge e pel governatore, e d’ interdetto per la repubblica e per lutto il suo territorio; proibiva, sotto le stesse pene, a qualunque nazione di mantenere commercio coi veneziani, di nulla comperare, nulla vendere, fossero mercanzie od altre derrate ; spogliava il doge e la repubblica d’ ogni privilegio o feudo concesso loro dalla santa sede; ne scioglieva i sudditi da qualunque giuramento di fedeltà; dichiarava i veneziani infami e incapaci di occupare, anche tra loro, qual si fosse pubblico impiego, di comparire in giudizio si come attori e sì come difensori, di testare finalmente e di ereditare ; escludeva i loro figliuoli sino alla quarta generazione da tutte le dignità ecclesiastiche e secolari. Tuttociò, se non avessero obbedito entro un mese; ed aggiungevasi, che se per un altro mese avessero persistito nella loro disobbedienza, il papa deporrebbe dal loro grado il doge e tutti i magistrati della repubblica, scioglierebbe i debitori da qualunque obbligo, annullerebbe i contratti, porrebbe sotto sequestro tutti i beni mobili e immobili dei veneziani, e aizzerebbe tutte le nazioni per andar addosso ai veneziani e ridurli in ¡schiavitù. Queste sono le misure di fierezza, clic per diventare padrone di Ferrara furono prese dal papa Clemente V, degno successore di quel Bonifacio Vili, il quale affermava essere in lui 1’ autorità di governare i principi colla verga di ferro e di frangerli come vasi di argilla.