U52 LIBRO XII, CAPO XVI. provincia, o in una città, o in una fortezza, od anchc in qualche monastero isolato. La pena estrema, che usavasi in Venezia ; c non pronuuziavasi dal solo tribunale dei dieci, ma da qualunque magistratura, alla cui giurisdizione avesse appartenuto la colpa, che ne veniva punita ; era la pena di morte. La quale, secondo i casi, talvolta era pubblica e talvolta privata. La sentenza di morte pubblica eseguivasi o colla forca in fra le due colonne della piazzetta, o col taglio della testa: talvolta si eseguiva sul luogo del delitto : talvolta veniva aggravata, a tenore della gravezza del misfatto, da qualche particolare severità, o prima o dopo 1’ esecuzione. Così, a cagion d’ esempio, accadeva, che al delinquente, prima di torgli la vita, o gli si tagliasse una mano, o lo si mutilasse nei piedi ; oppure che la morte, invece che di forca o di ferro, si eseguisse, strascinandolo per la città a coda di cavallo ; oppure, che, dopo morto, lo si strascinasse, o ne fosse lasciato il cadavere appeso per alcuni giorni al patibolo, o fosse fatto a quarti cd attaccato in più luoghi, ed ivi lasciato per qualche tempo, ad esempio e terrore del popolo. — Quando la pena di morte era privata, la si eseguiva con tutta secrclezza nel carcere, siccome ho detto nel descrivere i pozzi (1): ma non sempre ne veniva trasferito il cadavere immediatamente al cimitero. Talvolta lo si faceva inoltre appendere alla forca, perchè fosse da tutti veduto; e per maggiore ignominia vi veniva appeso qualche volta per li piedi. Tuttociò raccogliesi dalle varie sentenze che trovatisi registrale negli alti delle magistrature veneziane, particolarmente del Consiglio dei dieci. Quando il supplizio di morte si eseguiva in pubblico, ovvero si esponeva al pubblico il cadavere del giustiziato in carcere, se ne stampava la sentenza: sempre poi la si stampava nel caso di bando. Negli altri casi, non la si stampava giammai, nè si rendeva conto al pubblico della sorte dell’ inquisito. La quale secretezza di morti diede origine a quella credenza, che tanto più piacque ai fabbricatori di romanzi oltremontani, (i) Ved. indietro nella pag. 428.