LIBRO XII, CAPO XVI. IV. Galasso Avogadro et amici 158^ Un parlare pocho et un negare pronto et un pensare il fine poi dar la vita a noi altri meschini— 1C0!>. Ego Joannes Baptisla ap. Ecclesiam corte larius. Odie mihi chras tibi 1795. G. M. B. fu messo in questo cameroto ingmstis-simamente e se Dio non vi ripiega sarà 1’ ultima desolazione d’ una povera numerosa ed onesta famiglia. Zuanne Buduino Ma da questa troppo lunga digressione si ritorni all’argomento, che me ne diede motivo. Parlava delle carceri orbe, ossia dei pozzi: mi resta da dire, che tutto il lato del palazzo, che guarda verso il molo, prima dell’incendio del 157U, e prima perciò che se ne facessero i porticati interni, era destinato a prigioni. Né solamente nei piani terreni ; ma anche nei superiori, che rimangono oggidì sotto la sala del maggior Consiglio. I porticati interni allora non esistevano, e là e nelle midolle, dirò così, di quell’ ala erano i camerotti. Fu per cagione di quell’ incendio, che, nel rifabbricarsi il palazzo, si tolsero di là le prigioni e se ne decretò la fabbrica oltre il canale. Anzi, siccome ognuna di queste nell’incendiato lato aveva il suo nome particolare, ed erano buie e spaventevoli egualmente che i rimasti pozzi, nel cui medesimo piano trovavansi ; così anche nella nuova fabbrica si diedero i medesimi nomi alle varie secrete, che sono al pian terreno, e che sono piantate colle medesime trac-eie. Tuttociò rilevasi chiaramente da una pianta del vecchio palazzo, disegnata nell’anno ISSO. Compiuta che fu quella fabbrica, non sì adoperarono che di