!l28 unno xii, Capo xvi. sopra 1 uscio d’ ingresso il suo numero progressivo; dal I al VHII le inferiori ossia i pozzi, dal 1 al X le altre del piano superiore : nella quale numerazione è notabile e strano; nè saprei dirne il perchè; che tutte le cifre indicanti il numero quinto (V) sono scolpite a rovescio: cioè, A, Al, All, AHI, Alili. Sia detto ciò come oggetto di mera curiosità. Scrisse di queste carceri anche il Mulinelli (1), ma ne sconvolse r ordine e ne confuse la descrizione, nell’alto di volerne dare la vera idea e di voler combattere le altrui favolc.Egli infatti oltre ad altre inesattezze, descrive Ira le secrcte del piano superiore, le quali non si dissero mai pozzi, una particolarmente di esse, la quale » ha nella faccia, che all’ andito risponde, una ferrata e vuoisi che » da quella il carnefice attortigliasse al collo del paziente la fatale » matassa, che privarlo dovea di vita, e perciò come stanza al » tormento destinata, essa considerare si deve.» (2) Ma non n’ebbe esatta notizia. La secreta, di cui egli parla, era nel piano inferiore, contigua affatto alla rive di approdo, che sono dalla parte della scala dei giganti. Essa riceveva luce direttamente dal rivo della Paglia, per mezzo di un balcone assai alto : rimpetto al balcone era la porta, che dall’ andito delle altre secrelc portava a questa. Collo schienale voltalo alla porta stessa era un grande seggiolone di legno, su cui facevasi sedere chi era stalo condannato a morire in carcere : ivi gli si poneva al collo una matassa di seta, che stringevasi repentina, e in un baller d’occhio il paziente era morto. A sinistra del seggiolone, un’altra porta comunicava immediatamente coll’atrio del palazzo e colle sunnominate rive di approdo ; ivi era già pronta la cassa per collocarvi, appena spirato, il cadavere, e di là tosto in barca lo si trasferiva al cimitero dei giustiziati, a’ santi Giovanni e Paolo, o a san Francesco della Vigna. Ho promesso anche di parlare delle iscrizioni, che si leggono (i) Annali urbani di Venezia, lit>. IV, (a) Nella pag. 266. sec. XV, pag. 263 e sèg.