32!| libro xii, càpo r. con (ulti gli altri principi esteri, cosi anche con esso diportarausi destramente in qual si fosse argomento di politico interesse. Tultavolta 1’ influenza della religione aveva avvaloralo vigorosamente nei popoli dell' Europa il vuoto grido di vendicatrice maledizione, che il papa, temporale sovrano, aveva scagliato contro le spade della repubblica veneziana ; e sebbene in Venezia poco o nulla si facesse conio di quella, i mali gravissimi, che al di fuori presso le nazioni estere affliggevano anche i più innocui, non colpevoli d’altro che di essere veneziani (1), persuasero il novello doge a tentare una via di riconciliazione col papa. Mandò pertanto un ambasciatore in Avignone, siccome ne aveva mandalo uno anche il suo predecessore : nè si sgomentò che quello vi fosse stato mandato indarno. Nè 1’ inviato stesso se ne sgomentò, sebbene presentatosi a corte gli sia stato negalo l’ingresso dinanzi al papa. Insistè anzi con tanto più di costanza e di umiltà, quanto più ne conobbe ingiusto ed orgoglioso il rifiuto. E colla sua umiltà e colla sua costanza giunse alfine ad espugnare la nauseante durezza di Clemente V, ed ottenne alla pallia lo scioglimento dalla censura, che le aveva fruttato cotanti danni. L’ ambasciatore, che n’ ebbe il merito, fu Francesco Dandolo detto Cane, il cui nome ho differito a pronunziare fin qui, perché mi è d’uopo arrestare il mio racconto per pigliare ad esame una storiella, da molti dei nostri cronisti antichi e da quasi tutti gli storici narrata, circa la derivazione del soprannome di Cune, attribuito all’ambasciatore Francesco Dandolo. Dicono essi pertanto, che il Dandolo, non avendo poluto ottenere accesso al papa, abbia cercalo il momento di sorprenderlo a mensa, ed ivi con una corda, altri dicono una catena, al collo siasi gettato a’ suoi piedi, ed in vista di si grande atto di umiliazione il pontefice abbia concesso ai veneziani il perdono e gli abbia assolti dalla scomunica. Nel quale racconto, chi più e chi meno, chi in una circostanza e chi in un’altra,esagerarono gli scrittori la ciarla, a (i) Dei danni, che per cagione di questa scomunica soffersero i venezian i, in ogni angolo dell’Europa, ho parlato nella pag. 217 di questo voi.