— 43 — e lanciati dopo abbondanti distribuzioni di acquavite, ciechi e furibondi, alla strage dei loro compagni di trincea, quasi tutti fregiati di medaglie al valore, di mutilazioni e di ferite ! Ricorderò l'ora del premeditato assassinio, quando l’ala della strage sfiorò il Comandante, ed io pure ne udii il rombo vicino alla mia fronte?... Sento ancora la testa scossa dallo scoppio lacerante del proiettile, rivedo il capo del Comandante arrossato di sangue, e risento la sua voce gridarmi, mentre io volevo salvarlo dal pericolo di nuovi colpi : Lasciami morire, voglio rimanere al mio posto !... Non voglio pensare più all'epilogo atroce. Nel decennale della Vittoria non v’ è posto che per i luminosi ricordi, per le visioni eroiche, per la concordia armoniosa di ogni sentimento e di ogni memoria. Ma una visione non posso cancellare, e non voglio : perchè essa è piena di dolcezza, di purezza di sanità. Rivedo il Cimitero di Fiume, sull'altura di Coaàla, quel Cimitero che è incavato come una dolina del Carso, rivedo tutte le bare dei morti, dcll'una e dell’altra parte, ricoperte dalla grande bandiera del Timàvo, dalla bandiera di Giovanni Randaccio. dalla bandiera dei fanti. I sopravvissuti fanno cerchio in ginocchio : taluno è bendato per le ferite ancora fresche. Il Comandante pallido, con gli occhi reclinati, con la bocca piegata per uno spasimo interno, è an-eh’ Egli in ginocchio. Il ciclo è grigio : non «i