dell’ Acque correnti. COROLLARIO XIV. NEi fiumi reali, che entrano in mare , come qui in Italia Po, Adige , ed Arno, i quali per le loro eferefeenze fono armati di argini, fi oiTerva, che lontano dalla marina hanno bifogno di una notabile altezza di argini, la quale altezza va poi di mano in mano ibernando, quanto più fi accorta alla marina, in modo tale, che il Po, lontano cLtl mare cinquanta, ovvero feffanta miglia intorno a Ferrara, avrà più di venti piedi di altezza di argini fopra 1* acqua ordinaria ; ma lontano dal mare dieci, o dodici miglia folamente, non arrivano gli argini a dodici piedi di altezza fopra la medefnna acqua ordinaria, ancorché la larghezza del fiume fia eguale ; talché 1’ eicrefcenza della fteffa piena viene ad effere affai maggiore di mifura lontano dal mare, che vicino ; e pure parrebbe, che paliando per tutto la medefmu quantità d’ acqua, dovef-fe il fiume aver bifogno della medefima altezza d’ argini in tutti i luoghi . Ma noi con i nortri principi, e fondamenti portiamo rendere la ragione di tale effetto, e dire, che quell’ ecceffo di quantità d’ acqua fopra l’acqua ordinaria va Tempre acquiftando maggior velocità, quanto più fi accorta alla marina, e però feema di mifura, ed in confeguenza di altezza. E quefta forfè deve effere ñata la cagione in gran parte, per la quale il Tevere nella inondazione del 15578. non ufcì dal fuo letto di fotto Roma verfo la marina. COROLLARIO XV. DAlla medefima dottrina fi rende ragione chiaridima, perchè le acque cadenti fi vanno artòttigliando nelle loro cafcate , di modo che la medefima acqua cadente mifurata al principio della cafcata è maggiore, e groffa, e poi va di mano in mano feemando di mifura, «• quanto più fi difeofta dal principio della caduta. Il che non dipende da altro che dall’ acquifto, che va facendo di maggiore velocità, ef-fendo notirtìma conclufione apprertò i Filofofi , che i corpi gravi cadenti quanto più fi feortano dal principio del loro movimento, tanfi 1 to