34 Della Misuu palmo in circa, e largo mezzo palmo, ed avendogli infufo un poco d’ acqua, tanto che copriilè il fondo del vafo, notai diligentemente il fe« gno dell’altezza dell’acqua del vafo, e poi Tefpofi all’aria aperta a ricevere l’acqua della pioggia, che ci cafcava dentro, e lo lafciai ilare per lo ipazio d’un’ora, ed avendo oifervato, che nel detto tempo l’acqua fi era alzata jiel vafo quanto la feguente linea - confiderai, che fe io averti efpofli alla medefima pioggia altri fimili, ed eguali vali, in ciafcheduno di erti fi farebbe rialzata l’acqua fecondo la medefima mi-fura ; e pertanto conchiufi, che ancora in tutta l’ampiezza del lago era necertario, che l’acqua fi forte rialzata nello fpazio d’un’ora la medefima mifura. Qui però mi fovvennero due difficoltà, che potevano intorbidare, ed alterare un tale effetto, o almeno renderlo inoffervabile, le quali poi confiderate bene, e rifòlute , mi lafciarono, come dirò più a bailo, nella conclufione ferma, che il lago doveva eiTere crefciuto nello fpazio di ott’ore, che era durata la pioggia,otto volte tanto- E mentre io di nuovo, efponendo il vafo, flava replicando .l’operazione, mi iopravvenne un Ingegnerò, per trattar meco di certo intereife del noilro Monartero di Perugia, e ragionando con ef!ò,gli moftrai il vafo dalla fi-neilra della mia camera , efpoilo in un cortile, e gli comunicai la mia fantafia, narrandogli tutto quello, che io aveva fatto. Allora m’avvidi, che queito galantuomo formò concetto di me, che io foffi di affai debole cervello; imperocché fogghignando diffe : Padre mio, v’ingannate: io tengo, che il lago per quefla pioggia non farà crefciuto nemmeno quant’ è grortò un giuljo. Sentendolo pronunziare quefla fua fentenza con gran franchezza, e rifoluzione, gli feci iftanza, che m’ artègnafle qualche ragione del fuo detto, articurandolo, che io avrei mutato parere alla forza delle fue ragioni ; ed egli mi rifpofe, che aveva grandirtima pratica del lago, e che ogni giorno ci fi trovava fopra, e che era molto ben lìcu-ro, che non era crefciuto niente. E facendogli io pure iilanza, che mi afiegnarte qualche ragione del fuo parere, mi mife in confiderazione la gran ficcità pattata, e che quella pioggia era ilata come un niente per la grand’arfura; alla qual cofa io rifpofi: Signore, io penfava, che la fuperficie del lago, fopra della quale era cafcata la pioggia, fotte bagnata, e che però non vedeva come la liceità fua, che era nulla, potette aver