378 combattevano Carlomagno, aveano trattato Roma da nemica, non solamente secondo lor massima di non volere che i papi s’ avessero temporale principato, ma pure perchè essendo stata Roma sempre dipendente da Ravenna, la volevano pure suddita, siccome conquistatori di questa principale città. Ma 1’ ordine nobile, e più il clero romano, baldo della temporale potenza che i papi, per le armi di Pipino e di Carlomagno aveano avuta, e goditore di molti guadagni e autorità, e cupido di maggiori, avea sdegnato finanche l’idea di sudditanza, voluta dai re longobardi eli’ e-i_ano, pel conquisto dell’esarcliia, succeduti agl’im-peiatori. Ed è molto probabile, che se quei re avessero potuto vincere la forza dei papi e del clero, protetti caldamente dall’ armi di Francia, avrebbero stabilito lor seggio reale nella magnifica Roma, alluminato colle antiche splendidissime ricordanze. Ma il clero, liberato da Carlomagno da ogni tema di sudditanza, ed anzi salito a tanta fortuna, di cui esso medesimo si meravigliava, passò a darsi, più che innanzi, a’ piaceri, ed a scaldarsi di ambizione e di a-vaie cupidigie. Già alcuni prelati s’ accendevano di salire, perdendo il papa regnante, al trono pontificio, che vedeano risplendere, oltre che dello spirituale, del mondano potere. Tali cupidigie faceano lasciasse, anzi spregiasse 1’ ecclesiastica disciplina, nella quale papa Leone terzo volealo ritenere. Ma la compressa licenza presto s’ alzò, e s’inferocì in una cospirazione, contro di lui da potenti prelati tessuta di tante e gravi accuse, da trai gli addosso 1’ odio del popolo. Ed i cospiratori, pensando che, se il popolo vedesse Leone preso, si muoverebbe a cacciarlo dal seggio, lo assali-