64 al milleseicenlocinquanla delle cose diPadova del mil-lecento,e confessando essere invenzionedi alcuniscrit-tori, che in essa sieno stali consoli dal millecento al millecenlosettantaquatlro ( 18), primo anno in cui ve ne furono, sia entrato scrivendo delle cose del quinto secolo, nell’ abbaglio stesso dello Scardeoni (19), rapportando, non la scrittura dell* archivio, ma soltanto i nomi dei consoli, che asseriva mandati, e le cose in essa dette. Poscia che essendo, com'egli confessava, ¡menzione che fossero stati consoli in Padova dal mi-lecento al millccentosettantaquallro, dovea vedere essere con maggiore ragione, un arbitrario trovalo quel- lo di asserire esservene stati (come diceva quella carta) nel qnattrocentoventuno, cioè nel quinto secolo, e nei successivi fino al millccentosettantaquallro. E diciamo con maggiore ragione, perchè nel quinto secolo, e stando ancora l’imperio romano, cioè finoal qualtro-rentosetlantasei,non furono consoli che in Roma od in Ravenna; ma dopo la concessione di Ottone, cioè do- lio il novecenlosessantaquattro, avrebbe potuto accadere che Padova non avesse lardato fino al millecento-settantaquattro a darsi governo per consoli. E se egli e lo Scardeoni e gli altri loro seguaci non »’avvidero, essere quella scrittura nulla più che meniinne di asserito decreto, potevano almeno vedere non essere verace la mandala di consoli, che essa diceva fatta nel quinto secolo. Ma perchè il favore per la maggioranza municipale di Padova vinceva nell' animo di Or-sato la storica verità, che non prima dell' imperio di Ottone fuiono in Italia, dopo gli antichi romani, novelli consoli, egli affermò, secondo quella carta, che consoli sieno stati mandali a fondare e reggere Rivoal-