3i7 tato coll'imperatore(58)da nemici, ch’essi puregenero-samente aiutarono a Pavia. Bella fede! bel guiderdone! Già essere per perdersi la baldanzosa certezza di mettere a bottino città e borgate, di rovinare castelli, e di voler essere più crudi del barbaro Attila, siccome venienti a disolare e distruggere asilo, da lui lasciato agli antenati. Accorressero animosissimi a combattere per rompere le pratiche di malvagi cittadini, per salvare padri e madri da morte, mogli e vergini da violenza, e tutti da oltraggio e da servitù. Già e mogli e madri e figlie palpitanti ragguardare dall’ alto delle torri e delle case il combattere dei mariti, dei padri e dei figliuoli ». Tutti acclamarono di voler vincere o morire. E Vittore, non prima ebbe lingua, che i Francesi stavano per salpare da Albiola, che comandò dovessero i minori e più celeri bastimenti andare contro il nemico, e che con armi lanciate ne sopratteuessero le grosse navi per quanto più tempo potessero, fino a che l’acqua s’abbassasse; e ferissero dalla lunga con frecce i nemici rematori, senza venire alle mani da vicino. E 1’ armata francese, scorgendo venirsi incontro moltitudine di navicelle, soffermasi alquanto sui remi; ma i comandanti, vedutele più da presso, e spregiata quella piccolezza, ordinarono di andare innanzi francamente. Come i capitani delle veneziane navicelle, i quali aveano aspettato l’abbassamento dell’ acqua, videro il nemico segnale sollecitare i rematori, le disposero in ordine regolare e le mossero, secondo opportunità, sì prestamente, che l’avresti dette esercito di soldati. Ed eccole avanzarsi vicino a’ nemici ad un tratto di freccia, e con armi lanciate per ogni verso,