□ 57 patrizii di essa) di cacciare i Veneziani da Ravenna e dalla provincia (a); ciò che questo papa, durato fino al settecentonovautacinque, diede mano ad eseguire. Da ciò conseguita, eh’essi almeno dall’anno sette-centoventisei, epoca, iu cui presero Ravenna, molto potessero in essa e per 1’ esarchia. E ragguardando all’ interno stato, la pescagione, la caccia, l’agricoltura delle isole, la coltivazione delle saline, la costruzione di barche e navi, occupazioni ed arti de’Veneziani ne’primi tempi, erano maggiori nel tempo di cui scriviamo, perchè dopo lunghe contese e guerricciuole, i confini furono da parte di terraferma allargati per convenzione con Liutprando e con A-stolfo, onde il territorio di Eraclea distendevasi fino all’odierna villa di santo Donato di Piave; e quello di Equilio si era pure allargato in abbondanti pascoli; e da parte di mezzogiorno, Capo d’ Argine godeva di vaste campagne, e le due Chiogge d’ ampio terreno a vigneti e ad ortaglie. La pastorizia era tanto dai Veneziani tenuta in conto, che non bastando le isole a pascere le tante man- (a) Ad aures clementissimae regalis Excellentiae imitantes innotescimus, quia, dum vestra regalis victoria praecipiendum emisit, ut a partibus Ravennae, seu Penta-poleos, expellerentur Venetici ad negotiandum, nos illico in partibus illis emisimus vestram adimplentes regulam et voluntatem. Insuper et ad Arcbiepiscopum praeceptum di-reximus, ut in quodlibet territorio nostro, et jure sanctaa Kavennatis ecclesiae, ipsi Venetici praesidia atque posses-siones haberent, omnino eos exinde expelleret, et sic ecclesiae suae jura manibu»suis teneret. (Codex Carolinus, cpist. Adriani 1 ad Carolum Magnum),