lift me [«troie spargano anch’ esse alcun lume sullo stato • Ielle cose italiane ili quel secolo. Poiché per esse parole s’intende, che santo Pietro, cioè la sede romana, s’avesse molte e vaste possessioni ; e la chiesa di Dio, cioè la romana, n’avesse pure: diche siamo accertati da molti altri documenti. Ed il governo di Roma, cioè la repubblica de’Romani, certo teneva quel cotale pubblico diritto, ch'avea cominciato a pigliarsi nel pa[«to del secondo Gregorio, sopra alcune città e contadi del ducato,come Narni eCeccano, preseda Astolto. E dalle stesse parole si può ritrarre, che le possessioni del [>apato e della chiesa romana fossero separate, ed ambidue distintedalla sovranità del governo di Roma. Tuttavia, per la confusione delle idee di quel setolo, non siamo abbastanza chiariti che santo Pietio, santa chiesa di Dio e repubblica romana non fossero allora una medesima cosa, e non formassero uno stato in quella parte nella media Italia. E Stefano prosegue u scrivere a Pipino ed ai due figliuoli di lui, che A-Molfo, in ¡scambio di restituire alla chiesa quanto a-vea tolto, tornava con sua oste a travagliare Roma. E s'avanzava fino a rimproverare Pipino di non avergli badato, lorchè avealo avvertito di non credere ad A-- tolto, alle cui menzogne, piò tosto che alle verità che aveagli dette, avea voluto attendere (o).Ma cotali rampogne. da Stefano scritte, non s'accordano colle parole del suo biografo, Anastasio bibliotecario; il quale in questo politico e militare negozio ce lo rappresenta sollecito di concordia e di |iace. E Stefano, nel medesimo anno setteceatocinquan- («) Code* Carolinus, F.pist. Strphani.