334 lo (li credenza, come fece anche il detto ecumenico concilio di Rimini, la dogmatica parola omousiony cioè consustanziale, già messa nel Credo ec., per definizione dell’altro ecumenico concilio di Nicea. Ecco la definizione del suddetto concilio di Costantinopoli. a Nomen autem substantiae, quod simplicius a patribus (cioè dai vescovi del concilio di iNicea) positura est, et quod ignotum, populis oiFensioni fuit, propterea quod in sacris literis non continetur, placuit amoveri, nec ullam deinceps ejus fieri itìentionem, quando quideni8acrae lite-rae nusquam meminere substantiae Patria ac Filii. Nam liypostasis Patris et Filii et Spiritus sancii nec nominari quidem debet. Similem autem dicimus Filium Patrisquem-admodupa divinae scripturae dicunt ac docent ». «Porro huic professioni fidei (di questo ariano concilio di Costantinopoli) etiam Ulfila, Gothorum episcopus, tunc primum consentit. Nam antea illud tempus, Nicaenam fi-dem complexus fuerat secutus Teophiium, qui, cum Gothorum esset metropolitanus episcopus, Nicaenuui coucilium praesens subscripserat » (Labbaei, Sacrorum Conciliorum magna et ampliss. Colleclio, t. Ili, p. 325, ed. Yen. ). (9) Dicendo Ammiano Marcellino, gravissimo storico e quasi contemporaneo, che i Visigoti mandarono per capo dell’ambasceria a Valente un prete cristiano, e dicendo lo storico ecclesiastico Sozomeno, posteriore di quasi ottantanni, che questo prete fu Ulfila, vescovo, che inventò o recò alfabeto 0 scrittura fra una parte di Goti, non ci pare andar lungi dal vero pensando, che i Visigoti, non avendo certo vescovi, abbiano fatto sì, che questo ariano Ulfìla che abbiamo veduto sottoscrittore, nel trecento-cinquantanove, al concilio di Costantinopoli, quale vescovo dei piccoli Goti, e siccome tale da Valente ben voluto, fossegli oratore in prò loro, medesima gente. Emettiamo innanzi questa nostra opinione, quantunque discordevole da un grande istorico di quel tempo (a), dicente (a) Max. Sarason Frid. Schoell, Cours (Thistoire des peuples euro-péens, etc.