289 con armala a Grado, ma rimasero rammaricati che Fortunato ed Obelerio avessero campo a novellamente fuggire dalle lor mani; questi a Trevigi, dove dai fuorusciti con lui fu poi acclamato doge, e quegli in Francia a Carlo. Obelerio tante pratiche tenne con sua parte rimasta per le isole, che, correndo 1’ anno seguente otto-centoquattro, si vide tanto fortificato, che con molta forza di armati da terra e da mare occupò Rivoalto e Malamocco; e, discacciati i due dogi fuggiti a Mantova d’ onde Maurizio andò poscia in Francia, fu alzalo in Malamocco al seggio ducale, in cui, consentendo l’assemblea ed il popolo, si pigliò a compagni Beato e Valentino, fratelli; e Cristoforo vescovo di Olivolo, amico dei fuggiti dogi, dovette uscire per timore dalla città. Frattanto il patriarca, ito in Francia, ed entrato collo splendore della mitra nella familiarità e nella grazia del divotissimo Carlo, stato coronato imperatore d’Occidente da papa Leone, grazia di cui mirava fortificarsi, a perdere i due dogi che non sapeva cacciali, narrógli i loro delitti, e quanto fossero collegati conNi-ceforo, e quanto il muovessero contro di lui, e disse-gli: avere impreso sì lungo e faticoso viaggio per 1’ a-morosa sollecitudine di palesargli quanto essi dogi fossero stati fraudolenti a danneggiare la sua grandezza con indegni maneggi sì presso la sua corte, che quella di Niceforo. E come sogliono fare furbescamente i cortigiani, guatando Carlo fra meravigliato e sdegnoso, procedette a dirgli: che la frode eia stata nel-l’essersi accordati nell’anno innanzi con Niceforo, per rappresentare a sua eccellenza ed ai suoi ministri essere le isole veneziane di assai poco conto in mezzo i3