So conceduto, non taciamo del solennissimo ludibrio del cadente imperio romano. Alarico, spregiando Onorio e la sua corte rinchiusa in Ilavenna, fa imperatore il greco Aitalo, prefetto ili Roma, per tale festeggiato dal senato e dal popolo, a lui obbedienti e contro la malvagia corte sdegnosi: ed Onorio propone di averlo per collega; ma tradito e vilipeso da Giovio, succeduto malvagissimo ministro, pensava di fuggire per mare a Costantinopoli al nipote imperatore Teodosio secondo. Ma per timida irresolutezza rimase; irresolutezza, che d'altra parte non lasciavalo deliberare un trattato. Ed Alarico, iroso che il suo imperatore da scena non gli fosse quel suddito rhe avea creduto, gli strappa dagli omeri la porpora colà presso a limimi; e vedendo Roma abbandonata al suo sdegno dulia corte, che con orgogliosa reità contenlavasi della sua sirurezaa fra le paludi e le torri di Ravenna,e udito rhe Onorio non voleva farlo capitano delle imperiali soldatesche, disse ai inessi di lai « mi bastano le naie;» e rivolto a'suoi u (liliali, n andiamo a Roma; > «I arrivò poco lungi ilalle mura. Ma quei sette rulli, destando nel suo animo elevato magnifiche ricordante, niettevangli cotanta ammirazione e riverenza, che il malinconico pensiero, fosse guastala ed arsa da' suoi soldati bramod di rapina c di vendicare 1' assassinio delle mogli e ilei figliuoli, faceva si rimane*«« dall'at» bai»lunaria al furore delle spade ed agli orrori dell'incendio. Ma infuriato pel rifiuto di ogni par moderata proposta, e per nuovo tradimento della corte di Ravenna, che impolente a combattere, nè «apendo cedere con onore, si beffava di lai. rispondendo cosi alla sua lunga pazienza e magnanimità, now contro Roma