15o la terra, campi senta agricoltori, città senza cittadini, od i pochi rimasti ria crudeli mani feriti, uccisi o tratti in servitù; e vedo questa città, un di signora del mondo, trafitta, morta, disolata; dov!è il senato? dove il popolo? ecco distrutti gli ordini e le dignità ; e noi pochi avantati, percossi da tante tribolazioni, dobbiamo lagrimare sulle precipitanti rovine e sulle pareti rhe, declinando alla distesa sulla terra, sembrano con terribile scroscio seguire i fuggitivi che aveano albergali ». Patetiche parole delle streme italiane sventure di quel tempo! Liberata Roma dall' assedio, Gregorio scrisse ad Agilulfo una lettera, della quale non lasciamo di riferire un tratto: u rendiamo grazie all’eccellenza vostra, che ha esaudito le nostre istanze ordinando la pace; per lo che grandemente lodiamo la vostra prudenza e bontà; ma affinchè possiamo sentire gli effetti della pace, secondo che fu da noi stabilita »(a)ec., perchè queste ultime parole, non menzionandosi punto dell' esarca, ci fanno intendere che i papi, anche un secolo e mezzo prima di conseguire temporale principato, entravano negoziatori delle cose politiche per quella autorità morale che il sommo sacerdozio dava loro sulle inenti. Ma facendo la fiera nimistà fra gl'imperatori ed i Longobardi che le paci fossero più tosto tregue, non andò guari che l'esarca Callinico fece prigioniera la figliuola di Agilulfo. Il quale, iroso, smantellò Padova, Mantova e Cremona, tenute ancora dall’ esarca che, spaventato dagli sterminii che vedeva soprastare a Ravenna ed a Roma, restituì la (a) Epistola a