331 «line montato sul seggio dell’infelice Diodato. >Ia s'ebbe breve frutto della ria opera ; poiché sua tristissima natura, innanzi rattenuta e celata agli occhi della gente, uscì lìbera sul trono a farlo in libidine di donne sfrenatissimo, in conculcare superbioso ed avaro; e trassegli dopo un anno quella stessa ma meritata punizione, che ingiustamente avea fatto cadere dall’ ingannata moltitudine sul capo dell’ ottimo Diodato, riconosciuto, con universale ed inutile dolore, non sollecito di sottomettere, ma di salvare la patria, e miseranda vittima del malvagissimo usurpatore. Costantino Copronimo godeva sì bene che Asto'.fo guerreggiasse il novello governo di Roma, ribelle al-l’imperio, ma intendeva a riavere quello stato per maneggio di corte, giacché non poteva per armi.Laonde mandò a quel re legati, che fortemente gli rimostrarono dovesse restituire paesi invasi senza guerra. E papa Stefano, più timoroso del vicino che del lontano nemico di sua temporale potestà, s’accompagnò ai greci legati, riputando che le sue parole afforzassero le loro; ed a’ di quattordici di ottobre del seltecen-tocinquantatre, recossi con essi da Roma ad Astolfo in Pavia, seco disponendo di continuare il viaggio al divotissimo Pipino in Francia, se Astolfo non-, facesse le sue domande. Il quale accolse si bene Stefano rispettosamente, e consenti di far pace ; ma non volle nemmeno udire motto di restituzione dell* esarchia, e delle pigliate città e terre del ducalo. E benché si avvedesse che Stefano fosse per gire a Pipino con ostile disegno, non gliene impedì, quantunque potesse, 1’ andata (a). Un duca ed un prelato, spediti da re Pi-(a) Pagi, Critica ad Armai. Haronii, n. 2.