I 22 cinquccentosessantotto, poiché gl’ imperatori di Costantinopoli dominando Italia per patrizii e per esarca, non mandarono, né tennero mai ministri, magistrati o soldatesche per le isole de’ Veneziani, che si ressero liberamente. E delle cose loro siamo per dire fino al suddetto anno cinquccentosessantotto; in cui grande [>arte del dominio di quegl’ imperatori, e poscia tutto, fa pigliato dalle armi dei re longobardi, forte e lodata signoria, assai più delle ¡interiori durata in Italia dopo la caduta del romano imperio, e che avrebbe dovuto assai più durare ad essere ferma compage delle varie genti d’Italia divise da fiumi, da monti, da morali condizioni, da abitudini e da dialetti. Le migliaia di famiglie ricche di mobile avere, salvato dai Visigoti, dagli Alemanni e dagli Unni, o trasportato lungi dal terribile impeto di Odoacre, di Genserico e di Teodorico, o fuggito dal procelloso nembo di Borgognoni, di Franchi e di novelli Alemanni, riparate successivamente alle isole, aveano trovato gli originali indurati nei severi costumi pel parco vivere, pel continuo esercizio del corpo, là nelle quotidiane fatiche della pescagione e del navigare con navicelli noleggiati ai Veneti ed a’Romani: quivi in alcuna coltura rozzamente acconciala ai differenti tratti di terreno: e più colà nel travagliarsi a fare utili cambi. E queste famiglie, nel volgere del quinto e del sesto secolo, arrivarono alle isole coll’ avere, con servi, con aderenti e artigiani; i quali, vedendo le arti loro spregiato, o rovinale da questo e da quello barbarico padrone, vollero, anzi che rimanersi nella sciagura, accompagnarsi ad amati e riveriti signori. I quali, se non come innanzi spendenti, certo con l'avere recato, s'a-