279 rono procedente in solennità, e fra la tumultuosa moltitudine, che qual burrascoso mare in contrarie parti s’agitava, senza che la papale prevalesse, Leone, vilipeso e malconcio, cacciarono in carcere. Dalla quale, per arte del suo divotissimo cameriere, contro l’attendere delle vigili guardie, Leone fuggì, recandosi in Francia a Carlo, suo protettore; il quale si lasciò facilmente indurre a tornare in Italia, perchè s’accertava che Leone da lui protetto e rimesso in seggio, lo promulgasse a’ popoli imperatore d’ Occidente. I cospiratori prelati della corte di Leone furono mossi sì bene dalla particolare ambizione di salire la sede papale; ma riputiamo che la sollevazione del grasso e del magro popolo si collegasse ad altri fatti, che siamo per narrare, siccome dimostrativi di generali politiche disposizioni. Gli annali di Francia e di Germania, scritti in quel medesimo, o vicino tempo, quali troppo brevi racconti, non ci dicono della volontà, delle opinioni e degli affetti degli Italiani, passati dal longobardico reame, divenuto per la lunga durata italiano,a quello francese di Carlo, perchè i monaci, che li scrivevano, si dimostrarono soltanto curanti di registrare brevemente i principali fatti, lasciando di dirne le cagioni, le circostanze e le conseguenze civili e morali. Ma osservando e paragonando questa sollevazione contro Leone con l’altra quasi contemporanea, accaduta inTrevigie tanto fortissima da uccidere il prefetto posto da Carlo, e con altri tumulti levatisi per lo Friuli, ed appena toccati dagli scrittori con alcuna parola, che ai poco attenti facilmente fugge, conosciamo, che in questi paesi ed in altri, e più in Roma, dove il clero avrebbe