2 97 ro che sopra Eraclea, lor patria, i Veneziani si svelenassero, smantellandone la città e le castella; i cui a-bitatori, fra quali erano i principali nobili, passarono chi a Malamocco e chi a Torcello, ed i più a Rivoalto (5 7). Nè teniamo il detto di quegli scrittori, che Pipino, guerreggiando poi contro i Veneziani, della quale guerra presto diremo, abbia, per intimorirli, distrutto Eraclea, poiché egli venne con armata da Ravenna, marina maiina facendo, fino alla laguna fra Malamocco e Rivoalto, donde per grande sconfitta a stento potè ricoverarsi alla lasciata Ravenna; e per ciò non poteva certo rovinare Eraclea, quaranta miglia più là che Rivoalto, nell’opposta parte settentrionale. E gli storici del secolo decimoquinto dagli avanzi delle torri, dei templi, degli arsenali e dei pubblici luoghi di Eraclea e di Equilio bene deducevano quan-t’ altre minori terre, dai varii casi del tempo distrutte, avessero per antico esistito, e quanta fosse 1’ opulente possanza di quelle due isole, che oggidì sono dalla universale azione della natura ravvolte nel continuo mutamento della superficie della terra. E questo feroce, ma utile decreto di distruzione, fu prima causa dell’ aggrandimento di Rivoalto, e della sua u-nione con le altre circostanti isolette, la quale ne andò fortificando la compage. ■Obelerio e Beato, temendo che Niceforo non mandasse armata in Adriatico a sostenere i due odiati dogi, e lasciando Valentino in patria, recaronsi con Paolo duca e con Iacopo, vescovo di Zara, a Carlo, e trováronlo con Luigi e Pipino, suoi figliuoli, in Thion ville; dove pregáronlo volesse stringere amicizia ed alleanza con essi e coi Dalmati; e Carlo, che mirava a farli i3‘