27i in Pavia, che sosterrebbe assedio assai più lungo, che Carlo non poteva rimanersi a fare. Ma questi, disposta una parte del suo esercito a mantenere 1’ assedio, e mandala 1’ altra a pigliare città, e prima la forte Verona, dove Desiderio e moglie e figliuoli e ricchezze aveva mandato, recossi a Roma ad Adriano, che col lieto viso del proietto assai onorevolmente l’accolse, e nella basilica del beato Pietro solennemente perpetua alleanza giurarono. Carlo, passati sette mesi in Roma con Adriano, fu a stringere di più forte assedio Pavia (55); e, provate vanamente le macchine per espugnarla, s’ avvide che sarebbe vinla da parte dell’ ampio fiume ; e bisognati- ✓ dogli armatetla da perita gente governata, e sapendo quanta fosse la valentia dei Veneziani,andava pensando del come potesse trarseli collegati ed aiutatori. Ma sapendoli amici dell’ imperatore di Costantinopoli, il quale riguardava il novello governo di Roma indebitamente alzalo contro sua antica sovranità, sempre tenuta per patrizii e per duchi, e mal vedeva la discesa di Carlo in Italia, più che quella di Pipino poderosa a sconvolgerne lo stato ed a stabilirne un novello conira lui, dubitava di avere i Veneziani quali la sua necessità richiedevali. Perciò, affine di farli alla sua brama arrendevoli, domandò a papa Adriano, del quale sapeali devoti, un ambasciatore, che al suo s’accompagnasse per ottenere da essi la necessaria arma-telta. Doge Maurizio onorevolmente accolse i due ambasciatori; e quello di Carlo, fatta la domanda ed orato perchè fosse esaudita,accertando che il suo re giammai sdimenticherebbe tale servigio, soggiunse, per lusinga-