— 183 — giudizio inerte siamo immuni. Viviamo d’una vita intera e sincera, perchè la nostra vita non è un dono da altri a noi fatto, ma sì un dono che ad altri noi facciamo. La nostra speditezza è il pili nobile di tutti i movimenti umani. Il passo del-l’Ardito, sostenuto dalla pieghevolezza dei muscoli allenati, ha una spiritualità indicibile che meraviglia chi lo guarda ; è il passo dell’uomo impaziente di offrire o di creare. Si pensa a taluno dei grandi angeli della Creazione che sostengono nelle palme le imagini cristalline del-1’ Orbe. A chi parlo questo linguaggio ? A soldati ignari ? a semplici fanti ? Possono essi intendere ? Intendono. I miei intendono. Lo so. Una sera, nel tempo della guerra, su l’orlo della battaglia, così parlai alle compagnie dcl-l’ultimo bando, alle reclute del ’99, « quasi in un’ode non misurata ». Non ero se non 1’ interprete del loro canto chiuso. « Se il poeta vero è colui che non cammina se non nel suo proprio sangue, io qui senza ritegno vi parlo il mio linguaggio di poeta, per liberare il canto che è in voi chiuso e il coraggio che in voi anela ». I giovinetti, colti ed incolti, intendevano senza sfoizo. Comprendevano in un sùbito quel che altri non comprende se non dopo molti anni di fatica. « Quel che Dante credette di comprendere nel mezzo del eammin di sua vita, salendo di