aag «li quelle fi a Pipino ed i papi Zaccaria e Stefano (che non tutte per brevità abbiamo narrato), perchè muovevano, assai più che tutte le altre, gli animi loro, queste imprese sono più chiarite, che tutti gli altri fatti del regno di Francia e d'Italia di quel tempo. Dalle quali e dalla narrazione degli scrittori longobardi e fianchi contemporanei o prossimi, spicca vicendevole schiarimento a formare storica verità. Dicemmo di quesla guerra de'Franchi in Italia, siccome cagionala dall' aver Astolfo conquistato P esar-chia ed alcune città del ducalo romano, per lo suo intendimento di fare d’Italia un solo regno, conquisto, che avea reso sollecito il doge Diodato di alzare un castello sul lido di Brondolo ed alle isole, e diremo di un'altra guerra dei medesimi Franchi, a quesla conseguitala in Italia, lorchè la storia di Francia e di Italia a quella de'Yeneziani si collegherà per due fatti: uno che crebbe lor fama guerriera, l'altro che fu ad essi secondo pericolo di cadere. Avvisando i Veneziani quanto il ducale potere fosse mantice al cuore degli ambiziosi per gonfiarli a volerlo e ad usarne, secondo più o meno trista natura, perchè gli uomini, seduti in allo, anelano per malnata cupidigia a salire^>iù là, fu statuito di mettere a lato del doge due annuali tribuni, co' quali dovesse in tutte cose convenire; e con questo prestabilito freno, primamente tenuto da CandianCandiano e da Angelo Partecipazio, la fronte di Domenico Monegari» fu cinta della ducale berretta. Il quale, o perchè innanzi avesse, o perchè (ale berretta gli accendesse spirito soverchiatore, indomito alla vista di tanti puniti antecessori, soleva dire, mordendo ferocemente quel