288 imbestiaio: « impara, o vecchio, che ti valga abbaiare e disdire contro noi dogi; col tuo sangue insegnerai ai tuoi colleghi a tacere dei costumi dei principi » ; e fattolo precipitare da quell’altezza, il sangue, rappreso sulle sottoposte pietre, già stava per sommuovere il popolo. Ma il terrore che i due dogi aveano messo di sè fece che non più che lamenti si menassero per le isole. E Maurizio, stimando di calmare veramente la compressa ira pubblica, elesse patriarca di Grado Fortunato, nipote dell’estinto; il quale accettò la dignità con segreta bramosia di vendetta. La dolorosa ricordanza della morte di Giovanni, le dissolutezze e le malvagità dei due dogi crescevano il generale desiderio fossero discacciati; e Fortunato patriarca, più di tutti a discacciarli accendevasi; e gli scompigli di una pubblica calamità gli parvero favorevoli a menare ad effetto la congiura ch’avea disposta. La calamità si era, che un diluvio di piogge ingrossava i fiumi, e d’altra parte il vento meridiano, infunante a contrariare 1’ andata delle piene all’ A-driatico, alzava le acque delle lagune, ed il mare, sospinto dal vento, maggiormente levavaie a travagliare le isole di dannosissime innondazioni. Laonde, credendo il disastro propizio al suo fine, strinse più forte accordo con Obelerio, tribuno di Malamocco, con Marmano e con Giorgio Foscari a cacciare i detestati dogi, i quali, scoperto 1’ accordo, gioirono di vederli fuggire. Fortunato, strettosi con Obelerio (il quale vedendo mal fermi in seggio i due dogi, anelava al ducato), stava per recarsi con esso a Carlo in Francia, ond’essere aiutati a cacciarli; allora i dogi novellamente furono