311 che venisse addosso fatale sterminio. Ma quell’ Ange- lo Partecipazio, che aveva con robuste parole vólti i Veneziani a negare a Pipino la chiesta alleanza da doversi in iscambio tenere con Niceforo, quell’ Angelo che fra il maggior numero dei forti e fedeli sorgeva fortissimo e fedelissimo, sentendo contrariamente, confortava i deboli a non scompigliarsi la mente, ed ammoniva i rei a lasciare i cattivi consigli, e perchè le parole di Obelerio e Bealo chiarivano delle loro ree pratiche, tenute in Francia, ed in Lombardia, li sbandeggiarono; Obelerio a Costantinopoli, e Beato a Zara, acciocché nel pericolo non usassero la malefica autorità; ed a Valentino lor fratello, giovane da poco, concedettero dimorare in patria. Pipino scorgendo il pericolo di passare a Rivoalto, e temendo che per sinistro caso non iscapilasse la sua fama, mandò dalla presa Albiola un araldo a Malamocco, arrecatore di queste parole : « Venire in nome proprio e di Carlo a ricevere la resa delle isole ; i Veneziani meritare la morte per non essersi recati a farla; ma la sua connaturale clemenza offerire perdono; che se rimanessero pertinaci, s’accertassero che sterminerebbe non altrimenti, che gli altri pigliali luoghi, il nemico Malamocco ». I Veneziani, stimando queste parole francese iattanza, non ne furono presi, e risposero alla mandata d’ araldo con altra, sì per cagione di onore che per indugiare, finché arrivasse la vicina armata imperiale. Commisero agli ambasciatori che alle vesti, agli atti ed alle parole fossero chieditori di pace; e Pipino, rag-guardandoli con superbo e spregiatore supercilio, disse loro: « se venissero per pace o per arrendersi »; ed