222 Giulio III. 1550-1555. Libro I. Capitolo 5c. rado dovettero guadare freddissimi torrenti immersi nell’acqua fino alla cintola. Guardati curiosamente e derisi nei villaggi dal popolo accorrente, presi a sassi dai fanciulli, i missionarii la sera non trovavano negli alberghi che una stuoia e un guanciale giapponese di legno, nel caso che col loro abito povero i viaggiatori trovassero accoglienza negli alberghi. Per giunta la faticosa pellegrinazione fu in sostanza quasi senza successo. A Yamaguchi Francesco potè in vero leggere per circa un’ora dal suo libro persino al daimio, ma nessuno si convertì. A M eaco non ci fu verso di far nulla a causa delle regnanti turbolenze di guerra; il Saverio aveva potuto calcolare su un’udienza dell’imperatore solo perchè non conosceva ancora a sufficienza le condizioni giapponesi.1 Il Saverio tuttavia riportò dal suo viaggio alcune importanti cognizioni. Ora sapeva che l’imperatore era una mera ombra, che in fatto di reale potenza non poteva misurarsi col daimio di Yamaguchi. Oltracciò aveva esperimentato che la povertà e meschinità della sua comparsa esteriore era un impedimento alla diffusione dell’Evangelo. Perciò risolvette di comparire meglio vestito e di offrire a Ouchi Yoscitaka, il signore di Yamaguchi, i doni che aveva portati dall’india per l’imperatore. Presso Ouchi il Saverio trovò amichevole accoglienza e come contraccambio ottenne un’antica casa di bonzi col permesso di annunziare liberamente il Vangelo.2 Ora la predica non rimase senza successo; in cinque a sei mesi contaronsi da 500 a 600 battezzati. La conquista più importante del Saverio fu colà un giocoliere semicieco, il quale, battezzato col nome di Lorenzo e più tardi ricevuto come fratello laico nella Compagnia di Gesù, con numerose prediche e dispute guadagnò al cristianesimo migliaia di individui, fra cui parecchi daimii. Aspettative ancor più favorevoli aprì ai nunzi della fede il daimio di Bungo, Otomo Yosciscighe, che chiamò Francesco presso di sè a Funai e promise ogni aiuto ai missionarii. Frattanto le condizioni nell’India s’erano svolte in modo, che v’era divenuta necessaria ]a presenza personale del Saverio.3 Egli pertanto nel novembre 1551 ritornò a Goa coll’idea di pro- 1 Sui particolari del viaggio siamo informati dal compagno del Saverio, il fratello laico Femandez, dalla boera del quale li annotarono L. Froes e altri. Cfr. Cros II, 99-125. 2 « Mandou pelas ruas de (jidade poor scriptos em seu nome, que eie fol-gaua que a lev de Deus se prégase em suas terras, e que eie daua licenza que os que a quisesem tornar a tomasem ». Mori. Xav. T, 683. 3 Cfr. Cros II. 179-190. Che il Saverio non lasciasse il Giappone perchè dubitasse della conquista del paese al cristianesimo, è dimostralo per la minuta contro la maggioranza degli scrittori protestanti da H. Haas loc. cit. IT, Tokvo 1904, 1-12.