514 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 5 a- della gloria dell’ortodossia? Che vita, domando io, si lascia al pastore presso il gregge, dopo che gli è stata tolta la fama della sua ortodossia? Il modo di morte progettato da Voi per me mi annienta molto più sicuramente che quello di Isacco, che al vedere i preparativi per il sacrificio chiese : « Padre, qui c’è il fuoco e la legna, ma dov’è la vittima?». Poiché io veggo il fuoco e la spada nelle mani della Santità Vostra e sento le mie spalle gravate dal legno del sacrificio, non ho da domandare della vittima, sì invece debbo chiedere perchè Vostra Santità, prevenuta da falsi motivi di sospetto, pensa di uccidermi a causa della religione, me, il figlio, che avete sempre amato, che ha la coscienza di avere per nulla meritato la vostra attuale avversione, ma anzi la vostra maggiore benevolenza, perchè colla grazia di Dio ha compiuto a letizia della Chiesa ed a gloria della Santa Sede l’opera, il cui compimento era atteso da lui. Che dunque? In compenso Vostra Santità è in procinto di trafiggere l’anima mia colla spada del dolore? Se ciò fa Vostra Santità, per compiere, come dite, un dovere verso Dio, si dia fuoco al sacrificio. Ma io spero, che operiate diversamente secondo il comando di Dio, che Dio non permetterà che lo compiate, come noi permise con Abramo.1 Nel suo testamento il Pole tornò a dichiarare solennemente, che perseverava del tutto e fermamente nella fede che i suoi antenati avevano ricevuta dalla Chiesa romana, che permaneva nell’obbedienza verso l’una, santa, cattolica Chiesa di Cristo e verso colui, che come papa romano sedeva sulla Sede apostolica e che con tutta riverenza chiedeva la benedizione di Paolo IV, al quale aveva servito del suo meglio, avendo ognora cercato in tutte le sue azioni per la Sede apostolica nient’altro che l’onore di Dio e il vantaggio della sua Chiesa.2 Come Pole e Morone, furono chiamati dall’inquisizione a giustificarsi sotto il sospetto infondato di eresia anche due altri prelati, Egidio Foscarari e Gian Antonio Sanfelice. Foscarari apparteneva aH’Ordine Domenicano e godeva grande fama come teologo del pari che come prete. Paolo III l’aveva nominato Maestro del Sacro Palazzo. In tale qualità egli esaminò il libro degli esercizi di Ignazio di Lojola e la sua approvazione del magnifico libro leg-gevasi in capo alle edizioni stampate. Nel 1550 Foscarari era diventato vescovo di Modena succedendo al Morone. L’anno seguente partecipò al concilio di Trento.' Tornato a Modena, vi 1 Quirini V, 31-36. 2 Vedi Ciaconitjs III, 637. Giulio Gonzaga e Camesecchi biasimarono questa dichiarazione cattolica siccome « superflua, per non dire scandalosa, in quel tempo massimamente » (Amabile I, 177). Le considerazioni intrecciatevi da Amabile manifestano completa ignoranza della dottrina cattolica.