— 220 — morti discordi su dai coperchi non inchiodati ancóra, io credo ch’essi non si leverebbero se non per singhiozzare e per darsi perdono e per ab-bra cciarsi. Qui sono i nostri compagni e qui sono i nostri aggressori, fratelli gli uni e gli altri a noi e alla nostra angoscia, allineati nel silenzio perpetuo, agguagliati nella requie eterna. E forse v’ è quel giovine Alpino che, verso uno dei nostri fanti curvo su lui moribondo, anelò : « Baciami, fratello. Non mi maledire. Solo chi mi mandò contro di te sia maledetto ». Lo spirito di pietà e di orrore, che faceva così straziante quell’anelito di agonia, sale da ciascuna di queste povere casse d'abete già piene di dissolvimento, dove ornai le stesse madri disperate non potrebbero più riconoscere i volti dei figli, troppo a lungo attesi dalla madre di tutti. « 0 terra, terra ! Non ricoprire questa carne e non celare questa testimonianza ». E la supplicazione antica. Non vogliamo ripeterla. Mettiamo nella terra i morti. Risorgeranno. Il martirio è semenza, e anche la colpa è semenza. Li abbiamo tutti ricoperti con lo stesso lauro e con la stessa bandiera. L’aroma del lauro vince l’odore tetro, e la bandiera abbraccia la discordia. Ma queste bare sono le più tristi che sieno