434 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 4 a. tore — osservò —, questo per anni avemmo in mente, perchè vedevamo avvenire nella casa del Signore molte cose, che vi farebbero inorridire. Chiunque aspirava a un vescovado, entrava dapprima in una banca, dove era esposto il catalogo coll’indicazione dei prezzi, ed in una elezione cardinalizia calcolavasì come dalle migliaia potessero guadagnarsi le decine e le centinaia. Subito dopoi che Iddio senza opera nostra ci ebbe largita questa dignità, ci dicemmo : sappiamo ciò che il Signore vuole da noi. Dobbiamo fare opere ed estirpare colla radice questo male. Se non lo facemmo subito, la causa ne fu che dapprima volemmo nominare cardinali, i quali fossero capaci di aiutarci in questa bisogna. Ora vogliamo mettere in opera la riforma anche con pericolo della nostra vita. Se si dice che ciò facendo rinunzieremo a troppo e non riusciremo a cosa duratura, ciò non ci spaventa affatto, essendo sicuri che Colui, il quale tutto all’esser trasse dal nulla, non ci lascierà in asso. Non è un miracolo, signore ambasciatore, che la Santa Sede si sia sostenuta sebbene i nostri predecessori abbiano fatto tutto per ruinarla? Ma essa è fondata su tale rupe, che non c’è nulla da temere. Se dovesse anche non toccarci intiero successo, saremmo contenti di purgare questo luogo santificato da Dio e poi morire. E per dirvi tutto, la nuova Congregazione avrà i poteri d’un concilio. Facemmo stampare l’articolo sulla simonia, perchè, sebbene disdegnassimo di mandarlo alle università, non convenendo a questa Santa Sede mendicare il giudizio di altri, pure deve circolare sotto mano perchè vogliamo ascoltare tutti al fine di poter prendere una decisione migliore. Proseguendo nel colloquio il papa osservò che la sua riforma trarrebbe con sè di grandi cose e com’egli ideasse di mostrare ai principi come alle loro corti commettevasi simonia più forse che in Roma. Vogliamo farla finita con ciò, avendo noi facoltà come sopra il clero, così anche sopra di loro. Se sarà necessario, convocheremo un concilio e precisamente in questa gloriosa città non essendoci bisogno d’andare altrove, e noi, com’è noto, non siamo mai stati favorevoli a che il concilio si tenesse a Trento, quasi in mezzo ai luterani.1 In una seduta della prima classe della congregazione per la riforma, che ebbe luogo il 26 marzo in casa del cardinale du Bellay, l’articolo circa la simonia venne sottoposto a minuta discussione. Parlarono nientemeno che sedici oratori, e fecero capolino molto grandi discrepanze d’opinione. Alcuni, in particolare il vescovo di Feltre, Tommaso Campeggio, sostennero l’avviso che fosse lecito accettare un indennizzo in denaro nell’esercizio della potestà 1 V. in App. n. 56 la * lettera di Navagero del 14 marzo 1556 (Biblioteca Marciana in Venezia); cfr. anche Masius, Briefe 239.