Michelangelo e la nuova fabbrica di S. Pietro. Così il tentativo di abbattere il Maestro aveva condotto al contrario: ora la sua posizione non era che ancor più consolidata. Addì 28 gennaio 1552 Giulio III allo scopo di chiudere fermamente la via a nuovi intrighi confermò il motu proprio di Paolo III dell’ottobre 1549, approvò tutto quanto fino allora Michelangelo aveva fatto nella fabbrica di S. Pietro, ordinò che si osservasse rigorosamente il suo modello, che egli solo poteva cambiare, e confermollo nella qualità di supremo architetto di S. Pietro colle anteriori ampie facoltà.1 Ma questo non fu ancora la fine delle pene di Michelangelo. Più delle ostilità, che neppure ora cessarono,2 ma che dato il favore del papa egli non aveva più da temere, era doloroso un altro avverso fato. L’esaurimento delle finanze pontificie fece sì che dal maggio 1551 fluissero sempre più scarsi i mezzi pecuniarii per la continuazione della fabbrica di S. Pietro. Quanto questo si verificasse appare dal fatto, che nell’intervallo dal Io gennaio al maggio 1551 vennero impiegati per la fabbrica 121,554 ducati in tutto, mentre nei quattro anni seguenti solo la metà di questa somma.3 In seguito a questa critica condizione ed a nuove guer-ricciole contro il Maestro il duca Cosimo I formò la speranza di riuscire finalmente a indurre Michelangelo a ritornare a Firenze.4 Michelangelo però era risoluto a perseverare al suo posto nell’eterna città. In una lettera del 20 agosto 1554 Vasari tornò a impiegare tutta la sua eloquenza a favore del progetto d’un trasloco a Firenze accennando con calore alle pene del Maestro in Roma e al difetto che incontrava là di venire compreso.5 Michelangelo, la cui mano allora già tremava fortemente, ringraziò con poche linee : « Per la vostra veggio l’amor che mi portate : e sappiate per 1 II documento comunicato mendoso da Buonanni (p. 80 s.) fu pubblicato correttamente per il primo da Pogatscher in Reperì, für Kunstwissenseh. XVTII, 403 s. Giordani scrive (p. 149): «Già fin dal 1552 era entrato il Yignola a servizio della chiesa e in quell’anno gli si attribuiva il pomposo titolo di architetto della basilica di S. Pietro, in aiuto a Michelangelo », e cita in proposito * R. Tesor. seg. 1-552, f. 10. Ora se si consulta questo volume nell’A r c.li i v i o di Stato in Roma, al luogo relativo nel gennaio 1552 si trova semplicemente la partita: *«A1 Vignola architetto di N. S. se. 25 d’oro». All’oggetto indicato dal Giordani questo risponde altrettanto poco quanto gli altri passi di questo volume (fol. 8 e 27), ove sono allibrati come pensione mensile «per la cura de architetto 13 scudi d’oro ». 2 Questo risulta dalla lettera in Vasari Vili, 319. 3 Fea, Notizie intorno a Raffaele, Roma 1822, 35. Di somma injportanza fu ohe la fabbrica di S. Pietro ricevesse nel 1554 niente meno che 50,000 seud dalla eredità di Sigismondo de’ Conti ; v. l’introduzione alle Storie del medesimo I, Roma 1883, xxxm. 4 Gli sforzi all’uopo erano cominciati fin dal giugno 1550 ; v. la * lettera di Buonanni da Roma 8 giugno 1550, nell’A rchivio di Stato in Firenze. Cfr. Vasari VII, 235 s. e Thode I, 454 sui tentativi del 1552. 5 Vasari Vili, 318 s. Thode I, 455.