526 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro 11. Capitolo 5 b. come risposta a loro domanda aveva dichiarato che dogmi della Chiesa cattolica potevano decidersi soltanto in un concilio ecumenico, non in un sinodo provinciale o nazionale e li aveva insieme esortati, a non lasciarsi scoraggiare dalla difesa della fede da pericolo alcuno. Impartissero perdono agli eretici pentiti, punissero con tutto il rigore gli ostinati;1 ma non era il caso di pensare a rigore data la debolezza del bonario re. Molti cortigiani influenti seguivano parte pubblicamente parte in segreto la nuova dottrina e mettevano tutto il loro influsso in aiuto della medesima. Perciò tutti gli sforzi a tutela della Chiesa cattolica contro gli attacchi dei nuovi credenti, fossero pure contrarii alle leggi quanto si vuole, rimasero sterili. La nobiltà poteva sequestrare indisturbata i beni ecclesiastici. Dalla parte dei cattolici mancava sia unione sia coraggio. La erezione, quale l’aveva desiderata il Salmerón, di un collegio di Gesuiti, si addimostrò affatto impossibile. 2 Il Lippomano deliberò di trattenersi intanto ancora a Wilna e rimandò a Roma il Salmerón perchè anche oralmente desse al papa relazione sulla situazione in Polonia, che doveva svolgersi sempre peggiore, dacché il re aveva concesso ai nobili di introdurre nelle loro private abitazioni qualsiasi culto che loro sembrasse conveniente e fosse fondato sulla Scrittura. Che, a malgrado di tutte le rimostranze del papa e del suo nunzio, Sigismondo Augusto si mantenesse sempre fermo nell’idea di ristabilire la tranquillità nel suo regno mediante un concilio nazionale e ampie concessioni ai novatori religiosi, appare chiaramente dall’istruzione che egli diede a Stanislao Maciejowski da lui spedito come inviato a Roma al principio del 1556.3 Allorché costui, nel maggio, arrivò nell’eterna città, fu ricevuto con tutti gli onori. * Il 5 maggio egli prestò solennemente l’obbedienza al papa.5 La buona impressione suscitata dal fatto, venne completamente distrutta dalle pretese con cui in nome del re il Maciejowski saltò fuori in una privata udienza. Il papa doveva accordare il matrimonio testimoni, di cui mandò a Roma le deposizioni (v. Rélacye I, 26 s. ; ibid. una lettera di giustificazione del Drohojowski a Paolo IV). Nella sua storia della riforma polacca (Dzieje reformacyi w Polsce II, Kraków 1883, 9), il parroco cattolico Bukowski sentenzia cbe neanche tre o quattro vescovi osservavano l’onore del loro stato e che per lo più lasciavano crescere il male all’estremo. 1 Raynaid 1555, n. 61. 2 Salmeron ad Ignazio 1° gennaio 1556, loc. cit. 133. 3 Dembinski, Beschiekung des Tridentinums 55 s., ove anche particolari sull'attenuazione dell’istruzione. 4 V. la * relazione di Navagero del 2 maggio 1556. Biblioteca Marciana in Venezia. 5 V. * Acta consist. congeli. VII (Archivio Concistoriale); Masius, Briefe 259 ; Massarelli 290.