98 Giulio III. 1550-1555. Libro I. Capitolo 3. innanzi più a lungo giacché altrimenti gli abitanti di Roma e dello Stato ecclesiastico si sarebbero dati alla disperazione : essere evidente l’impossibilità di conquistare Parma e Mirandola poiché dopo dieci mesi d’assedio non s’era ancora riusciti a investire completamente la fortezza di Mirandola; aggiungersi il pericolo minacciante da parte dei Turchi e dei luterani e l’altro non meno grande, che la Francia diventasse scismatica e luterana.1 L’imperatore fece scorgere a Camaiani il suo sdegno per la condotta unilaterale del papa, ma lo scoppio della rivoluzione in Germania costrinse lui pure ad accedere addì 10 maggio alle condizioni della pace, ad accettare la quale aveva consigliato lo stesso Ferrante Gonzaga. Ne giunse la notizia a Roma il 15 maggio suscitando giubilo universale. Tre giorni appresso l’abbate Rosetto fu mandato in Lombardia a sollecitare la conclusione dell’armistizio.2 Ora ebbe fine anche l’esiglio del cardinale Alessandro Farnese, che ritornò il 7 giugno 1552 a Roma, dove il papa lo ricevette molto benignamente. Il 25 di giugno comparve in qualità d’inviato straordinario di Francia il Lanssac recante la ratifica dell’armistizio da parte di Enrico II.3 Subito dopo venne ristabilita la rappresentanza diplomatica della Santa Sede alla corte francese affidandola a Prospero Santa Croce. Già nel settembre il nuovo nunzio poteva notificare, che col suo procedere contro Charles du Moulin Enrico II aveva rinunciato alle mire antipapali ch’erano apparse nel suo editto del settembre 1551.4 Con tutta la letizia per ciò e per la fine della costosa5 e pericolosa guerra il papa dovette però dire a se stesso, che come in virtù della sospensione del concilio l’ecclesiastico, così ora aveva fatto fallimento anche il compito politico, alla cui soluzione egli aveva senza posa lavorato i due primi anni del suo pontificato. Questo deprimente sentimento cominciò a paralizzare in modo sensibile la sua energia.6 È falso il concetto, che il papa ora « non si sia più dato sul serio ad attività politica » e che nella sua magnifica villa fuori Porta del Popolo abbandonandosi ad una « tranquilla e piacente vita» abbia «dimenticato il resto del mondo ».r 1 V. Nuntiaturberichte XII, 324 s. ; cfr. anche la lettera di G. B. del Monte presso Chiesi 226 s. 2 V. Nwntiatmberwhte XII, lxi, 327, 334 s., 349 s., 354 s. ; cfr. Pieper 32 e Cocciola, Farnesi 9 s. Per * breve del 18 maggio 1552 R. Baglione ricevette l’ordine di sgombrare Castro. Min. brev. Arm. 41, t. 64, n. 333. Archivio segreto pontificio. 3 Vedi Romier in Mei. d'archéol. XXXI (1911), 11 s. 4 Cfr. Pieper 42 s.