— 63 — digiuno. Più che della carne sono i figli dello spirito Non vivono di solo pane; vivono di fervore. Come nel comune sciolto dalla servitù feudale alcuna donna sonava a stormo la campana del palagio, tre donne furono le prime — quando l’esercito sconfìtto non aveva ancora ripassato il Tagliamento — furono le prime a issare il tricolore in cima della torre civica. Su le nostre bandiere s’inginocchiarono tutte, rimasero tutte carponi, con qualcosa di umile e di fiero, con qualcosa di gentile e di selvaggio, nell’alba nefasta in cui fu consumato contro la loro fede il tradimento di Roma. Gli italiani hanno occhi da logorare su le pagine del vituperio, hanno buoni occhi per scorrere le liste dei renitenti ostinati, dei disertori ostinati, dei traditori ostinati che la grazia sovrana riscatta al disonore della patria ; ottimi occhi hanno per leggere le lunghe omelie ambigue di quel salvatore obeso che ha ridotto la patria un • corpo vile • su cui esperienta i suoi falsi miracoli. Hanno gli occhi della carne, induriti come i precordii. Non hanno gli occhi divini dell'anima per vedere in perptuo le creature della città abbandonata, — quelle che della loro fame sfamarono gli affamati d' Italia — distese sopra le bandiere o abbrancate alle ruote delle carrette per impedire P inganno, per scongiurare l'abbandono, per essere calpestate e schiacciate dalle calcagna fraterne sopra il segno della loro fedeltà.