400 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 3 e. dava nello stessa tempo segrete trattative col nemico per raggiungere i suoi scopi personali anche per il caso, che in conseguenza della volubilità d’Enrico II naufragasse il progetto d’una grande guerra.1 Per un po’ di tempo le circostanze tornarono molto propizie al Carafa neH’attuazione di questa difficilissima parte del suo programma. In considerazione dell’occupazione compiutasi altrettanto rapidamente che facilmente della massima parte della Campagna, il partito della pace in Roma guadagnava ogni dì nuovi fautori. Non solo il cardinale Juan Alvarez de Toledo, ma anche il francese du Bellay e l’inviato francese, che non avevano affatto piena sicurezza della risoluzione di Enrico II a una grande guerra, esortarono il papa a un accordo.2 E poiché anche Carlo Carafa Nonciat. II, 602). In principio nulla si disse al papa della cosa (v. le dilucidazioni di Ancel in Nonciat. I, lxxxviii, con che è confutata l’asserzione di Brown (Mitteil. des Österreich. Instit. XXV, 483), che il pensiero sia partito dal papa). Paolo IV non ne seppe che nel settembre 1556 (vedi Ancel, Disgrâce 120). Allora in seguito all’incertezza dell’aiuto francese, la situazione si era fatta sì pericolosa, che potevasi temere per Roma un secondo sacco ; in conseguenza Cesare Brancaccio, mandato in quel tempo in Francia, ricevette dal cardinale Carafa ai 23 d’ottobre 1556 l’istruzione di invitare Enrico II perchè, in caso di bisogno, facesse rapidamente veleggiare la flotta turca (Duruy 377. Nonciat. II, 479). Piti tardi nel suo processo Carafa tentò sul principio di negare tutto, ma gli fu provato, che più volte aveva invocato l’aiuto dei turchi (v. gli atti del processo in appendice a Nores 483 ss. e specialmente 500). In una lettera diretta a Pio IV durante la prigionia nel febbraio 1561 Carafa confessò che non solo aveva richiesto l’aiuto dei protestanti, ma che nel marzo 1557 aveva pure fatto la proposta al sultano Solimano I di desistere dalla sua guerra contro l’Ungheria e di gettarsi con tutte le forze su Napoli e Sicilia, ma tutto ciò essergli stato comandato da Paolo IV (Bromato II, 369 n.). In realtà sulle prime il papa aveva fatto rimostranze all’inviato francese per l’alleanza coi turchi (Ribier II, 615), ma poi si era tanto più abituato a questo indiretto aiuto dei turchi quanto maggiore diventò la sua distretta in conseguenza dell’irruzione dell’Alba nello Stato pontifìcio e quanto più premurosamente il nepote consigliava a ciò (cfr. Brown VI 1, 600; Rless 161). Quante volte anche più avanti il papa parlò di aiuto per mezzo dei turchi, trattassi sempre soltanto di soccorso indiretto, dell’alleanza di Francia coi turchi, che nel suo cieco zelo contro gli spagnuoli Paolo IV ha fuor di dubbio approvata e promessa, perché ne sperava un miglioramento alla sua cattiva situazione (vedi Brown VI 3, n. 1163 Ribier II, 718). Di una diretta alleanza di Paolo IV coi turchi, da molti sostenuta, ma già negata da Bromato (II, 308), non ho potuto trovare traccia alcuna. Lo stesso mi assicura Ancel, il miglior conoscitore della storia di Paolo IV. La voce che Paolo IV abbia chiesto e ottenuto aiuto dai turchi, si diffuse in breve largamente (vedi Hosii Epi-st. II, 801, 845). Ciò è forse gli horrenda, dei quali Canisio ai 28 di luglio del 1557 scrive che erano sparsi ovunque contro il papa (vedi Bratjns-berger II, 108). 1 Cfr. Ancel, Sienne 35 ss. ; v. anche Riess 180. 2 Vedi Brown VI 1, n, 621. Ai 14 di settembre del 1556 C. Paleotti notifica: * Tutto hoggi sono stati con S. Sta li revmi S. Jacomo et Parisi per tal effetto [trattative di pace]». Archivio di Stato in Bologna. Cfr. anche Cavalcanti, Lettere 206.