76 Giulio III. 1550-1555, Libro I. Capitolo 2 e. soliti servirsi in simili casi, che però non diceva questo nel senso ch’egli meditasse di rifiutare la debita obbedienza alla Sede apostolica, quantunque gli stesse a cuore in modo particolare la libertà della chiesa gallicana. A mezzo del promotore del concilio l’inviato ricevette in nome del concilio la risposta, che nella prossima sessione pubblica del-l’il ottobre avrebbe una replica maturamente meditata alla sua dichiarazione. Per intanto si fa notare che da tutto ciò, che aveva fatto l’inviato francese, non poteva crearsi pregiudizio alcuno contro il concilio e la sua continuazione.1 Il 7 settembre erano arrivati a Trento anche Paolo Gregoria-nozi, vescovo d’Agram in qualità di secondo inviato di re Ferdinando, e Guillaume de Poitiers come terzo rappresentante di Carlo V per le provincie di Fiandra.2 Poiché non s’avevano notizie particolareggiate sulle prossime intenzioni dell’imperatore, in ispecie circa il suo viaggio nei Paesi Bassi, sorsero timori per l’avanzamento del concilio, facendosi nello stesso tempo sempre più sentire il contraccolpo, che la guerra per Parma esercitava sull’assemblea. Addì 24 settembre Bertano potè notificare a Roma, che l’imperatore aveva differito fino ad altro il viaggio progettato ai Paesi Bassi. Carlo V si portò a Innsbruck, ove giunse al principio di novembre: egli prese questa risoluzione espressamente per riguardo al concilio.4 I padri riuniti a Trento avevano ripreso la loro attività subito dopo la seduta del 1° settembre. Già nel dì seguente venivano presentati all’esame dei teologi conciliari dieci articoli sull’Euca-restia estratti dagli scritti di Lutero e dei novatori svizzeri. Una congregazione di ventiquattro eminenti teologi, fra i quali i gesuiti Lainez e Salmeron mandati dal papa e il domenicano Melchior Cano deputato dall’imperatore, si mise tosto a questo lavoro. Le discussioni durarono dall’8 al 16 settembre e vennero poscia continuate con eguale profondità dai padri del concilio in nove congregazioni generali dal 21 al 30 settembre. Ai teologi era stata data l’istruzione di desumere le loro ragioni dalla Sacra Scrittura, dalla tradizione apostolica, dai concilii legittimi, dai padri della Chiesa, dalle costituzioni dei papi e dal consenso della Chiesa universale : dovevano poi esprimersi in breve, evitare ogni discussione inutile e caparbie dispute. Il legato Crescenzi insistette special-mente sul punto che si contentassero di mettere in chiaro gli errori e non scendessero a sottigliezze teologiche. Nelle discussioni 1 Cfr. Raynald 1551, n. 28 s. ; Le Plat, IV, 236 s., 238 s., 249 s., lettera di S. de Selve presso Ribier II, 352 s. ; Paelavicini 11, 17; Maynier 611 s. ; Baguenaijt,t de Puchesse in Bev. des quest, hist. VII (1869), 48 s. ; Romier 40. 2 Massarelli 243 s. 3 Cfr. Nwitiaturberichte XII, 72, n„ 76, 86 s. ; Druffei, I, 760.