318 Marcello II e Paolo IV. 1550-1559. Libro II. Capitolo 1. del fervente e puro esercizio della religione nelle chiese, della pratica della carità, della soda predicazione; finalmente egli rileva la decadenza dell’episcopato tedesco, che, scelto unicamente secondo riguardi mondani, lasciava in asso il suo gregge.1 Durante la sua missione Cervini aveva fatto quanto stava nelle sue forze per porre un rimedio alle condizioni ecclesiastiche. Fu suo merito se Farnese non prese denaro per l’uso delle sue molto ampie facoltà, alla stessa guisa che nelle sue relazioni a Roma avvertì anche della cattiva impressione prodotta dalle collette di denaro per la fabbrica di S. Pietro ed eccitò ad una riforma della Curia.2 Scherzando una volta il Cardinal Farnese aveva osservato come il Cervini fosse ancor più Teatino di Carafa.3 Questa frase corrispondeva appieno alla verità. Dacché ebbe ricevuto i sacri Ordini, Cervini fu un modello di prete. Celebrava la Messa colla più commovente pietà, recitava il breviario in ginocchio ed a braccia aperte le orazioni del mattino e della seia. Lettura spirituale, quotidiano esame di coscienza, esatto digiuno, larghe elemosine e avanti tutto incessante preghiera erano per lui regola ferma, in che non lasciavasi stornare neanche dai più urgenti affari e dai più inopportuni incidenti.4 Sebbene non vi potesse abitare, il Cervini amministrò tuttavia con zelo e vigilanza il suo vescovado di Nicastro. Nominò suo vicario generale il miglior prete, che potè trovare; nè di ciò ancor contento raccomandò la sua diocesi alla vigilanza dei vescovi vicini e d’altri egregi uomini, specialmente di Galeazzo Florimonte, che stimava in particolare per la sua veracità. La verità stava per-Cervini sopra tutto. Il suo arciprete temeva da principio di notificargli tutto apertamente. Cervini rispose, che per quanto gli spiacesse il male, ne ringraziava lo scopritore.5 Come vescovo di Reggio il Cervini chiamò tosto per la riforma del clero il gesuita Lainez, come più tardi mandò il padre Broet a Montepulciano;6 nel 1543 fece compiere un’accurata visita alla diocesi, sulla base della quale emanò poi statuti di riforma approvati da Paolo III.T Nella primavera del 1544 Cervini scambiò il vescovado di 1 V. Vuntiaturberichte, herausgeg. von Cardauns V, xxx, 246, n. 405, n. 1, 408 s. 2 V. Nwntiaturbei'ichie V, xxix ; sulla legazione del Cervini v. anche il nostro voi. V, 242 ss. 250 s., 254 s., 258, 263 s. 3 V. Nuntiaturberichte V, 269, n. 1. 4 Cfr. Polltdorus 20 s. 6 Vedi Pollidorus 22-24, che si servì delPArchivio vescovile di Nicastro. In una dedica a lui diretta di Genziano Hervet si rispecchia il modo con cui il Cervini concepiva l’officio di vescovo : vedi S. Chryostomi Opera I, Venetiis 1583, 232. 6 Vedi Tacchi Venturi I, 578 e il nostro voi. V, 406. 7 V. le nostre * notizie in voi. V, 822 s. dall’A r chivio vescovile di Reggio Emilia.