La pace di Cave (settembre 1557). 417 prendessero di dovere riconciliarsi col papa, al quale tornò di vantaggio che l’esercito francese non fosse ancora partito. La difficoltà principale consistette nella restituzione voluta dall’Alba dei beni confiscati di Marcantonio Colonna e di Ascanio della Corgna, alla quale Paolo IV non voleva aderire. La conclusione definitiva venne affrettata dall’essere arrivata l’il di settembre la notizia, che la fortezza di St.-Quentin era caduta nelle mani degli spa-gnuoli, notizia che su tutti, anche sul papa, fece la più profonda impressione. Il Guise disse che, se la notizia veniva confermata, non erano in grado di trattenerloi tutte le catene del mondo.1 Il patto, sul quale si concordò il 12 settembre, fissava quanto segue : in nome del re di Spagna l’Alba presterà quegli atti di sottomissione ed obbedienza, che sono idonei a ottenere il perdono del papa. Allo stesso scopo Filippo II manderà anche uno speciale inviato. Dal canto suo il papa promette di tornare ad accogliere il re spagnuolo come buono ed obbediente figlio, di sciogliere l’alleanza francese e di rimanere neutrale. Filippo restituisce i luoghi e territorii spettanti alla Santa Sede. Vengono condonate tutte le pene, eccettuate quelle inflitte contro Marcantonio Colonna, Ascanio Colonna, il marchese di Bagno e gli altri ribelli. Paliano sarà affidato a un fiduciario dei due partiti, Bernardino Carbone, che fa il giuramento di fedeltà a Paolo IV come a Filippo II ed osserva le stipulazioni fissate in proposito a parte dall’Alba e dal Cardinal Carafa. Questa clausola riferivasi ad un segreto patto accessorio, circa il quale il Carafa fece balenare agli occhi dei fratelli e confidenti, che il papa non lo conosceva. Secondo il medesimo accordo segreto firmato solo dall’Alba e dal Cardinal Carafa, il re di Spagna concedendo adeguato risarcimento a Giovanni Carafa doveva comprare il diritto di nominare il futuro possessore di Paliano, che però non fosse un nemico della Santa Sede. Qualora il risarcimento non venisse concesso entro sei mesi, Carbone consegnerà il luogo a Giovanni Carafa. In ambo i casi le fortificazioni dovranno demolirsi.2 1 Y. la lettera del duca di Paliano a Carafa del 12 settembre 1557 presso Riess 468. 2 La capitolazione pubblica presso Nores 216 s. e Theinbr, Cocl. Ili, 539 s., la segreta era già sotto gli occhi del Pallavicini. Coggiola (Paolo IV e la capitolazione segreta 10 s.) addusse pel confronto una copia nel Cod. 468 della B i- blioteca Palatina in Parma, la quale fa vedere che Pallavichìi riferì esattamente e che è ingiustificata la polemica di D i ri: ut, il quale, del pari che Ranke (I6, 194), crede (p. 246 s.) che il trattato segreto sia rimasto celato al papa. Già soltanto le lettere dirette durante le trattative dal duca di Paliano al Carafa nel * Cod. Palat. 468 di Parma mostrano che Pallavicini ha ragione (Coggiola 14, 20 s.) Riess ha dimenticato il lavoro del Coggiola come tutti gli studi delTAiiCEL. Questi però, con tutte le lodi al Coggiola, dissente variamente da lui. Relativamente al preteso segreto del patto egli riassume così il risultato delle sue indagini: «Carafa donna connaissance au pape de la capitu- Pastor, Storia dei Papi, VI. 27