Carcerazione del cardinale Morone. 499 campali, quando il soldato non distingue più il nemico e per errore copre di colpi mortali l’amico. Ei fu ai 31 di maggio del 1557, che Roma fu pervasa da una notizia, la quale suscitò sincero dolore dappertutto nella città,1 che cioè uno dei membri più stimati, benemeriti e zelanti della riforma del Collegio cardinalizio, il cardinale Morone, era stato carcerato e tradotto in Castel S. Angelo. In qualità di nunzio e legato il Morone aveva prestato alla Chiesa esimii servigi nelle circostanze le più difficili, quale vescovo di Modena aveva combattuto quegli eretici, introdotto riforme e aiutato efficacemente i Gesuiti.2 ¡Sotto Giulio III aveva anzi appartenuto all’inquisizione. Ma Paolo IV non tenne conto di tutti i suoi meriti uniti a una condotta ognora irreprensibile; eludendo le norme legali egli fece senz’altro gettare in prigione un porporato, il quale era fra i migliori uomini che vivessero in Curia. Nessuna meraviglia che un tale procedimento suscitasse la più penosa impressione non solo a Roma, ma dovunque, persino in Polonia.3 Già ai 22 di maggio era stato carcerato in presenza del Morone il suo maggiordomo e assegnato alla prigione delPInquisizione,4 attribuendosi questo procedimento alla circostanza che Morone passava per imperiale e sfavorevole ai Carafa. Il cardinale sapeva bene d’essere in tale fama, nè gli sfuggì che si sospettava della sua ortodossia. Con quel suo modo franco e leale egli stesso trattò delle accuse portate contro di lui col cardinale Carafa dimostrando quanto fosse infondato tutto il chiaccherio diffuso a suo riguardo e ricordando anche espressamente la grande parte avuta nell’elezione di Paolo IV. Il Cardinal Carafa rispose di non nutrire alcun sospetto contro Morone; del resto in cose politiche ognuno può essere libero: lui poi non immischiarsi in faccende di religione.5 Così il colloquio si svolse con mutua soddisfazione. In conseguenza il Morone, che nulla aveva da rimproverarsi, non ebbe nessun dubbio, che l’aveva fatto chiamare onde ricevere un’importante comunicazione. Era appena entrato nell’anticamera il Morone, che ne vennero chiuse tutte le porte, comparendo poscia 1 Lo attesta Delfino nella sua * relazione a Ferdinando I da Roma 5 giugno 1557. Archivio di Corte e di Stato in Vienna. 2 Cfr. il nostro vol. V, 333 e sotto p. 503 s., come pure Tacchi Venturi I, 184, 284, 509 ss., 541, n. 5. Anche come amministratore del vescovado di Novara Morone lavorò per la riforma ; v. App. n. 74-75 ; ibid. sulle cure di Morone onde avere buoni predicatori cattolici per Modena e Novara. 3 Cfr. la lettera di A. Patricius in data di Cracovia 6 luglio 1557, presso Morawski, A. Patrycy Nidecki, Kraków 1884, 105. 4 V. la relazione di Navagero presso Brown VI 2, n. 898 e Amabile I, 150. 5 Vedi Brown VI 2, n. 913.