458 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 4 b. II debole duca di Paliano perdette del tutto la testa e struggevasi nel suo castello di Gallese in duolo, paura e vane speranze. Carlo Carafa, il più colpito, conservò anche ora grande avvedutezza, mettendo avanti tutto in sicurtà la sua corrispondenza.1 Gli toccò a Civita Lavinia d’andare ad abitare in una povera casa, dove mancava ogni comodità. Là, in vista della melanconica Campagna, avrebbe avuto tempo di rientrare in sè, ma neanche ora vi pensò, che anzi tutto il suo pensiero era rivolto a riguadagnare con tutti i mezzi, anche i peggiori, la perduta posizione. Doveva tentarsi l’estremo per nuovamente ingannare il vecchio zio e toccare il suo cuore a mitezza ; ma tutto, l’intercessione delle grandi potenze, specialmente di Filippo II, una simulata conversione, come una fìnta malattia del cardinale, dovevano risultare vane.2 Paolo IV, la cui salute molto danneggiavano l’eccitazione e il dolore,3 pareva che avesse completamente cancellato dalla memoria il ricordo dei nepoti :4 rimase inesorabile e dovette rimanere tale perchè aveva abbattuto i nepoti non già per motivi politici, ma esclusivamente per motivi morali. Quanto più meditava, tanto più egli persuadevasi della bassezza morale dei fratelli, della vergognosa sfrontatezza con cui avevano abusato della sua fiducia, e compromesso il suo governo e avanti tutto la sua opera di riforma. Invece di diminuire, l’ira sua cresceva. Il partito rigido, che ora venne sempre più a valere, dopo che sì a lungo aveva dovuto con contenuto rovello stare a vedere le mene dei nepoti, confermollo nella risoluzione di lasciare in esilio i colpevoli, di spazzar via i loro fautori e di riorganizzare l’intiera compagine dello Stato. Solamente ora egli si sentì libero da tutti i riguardi temporali. In questo senso Paolo IV fece l’osservazione che il corrente anno 1559 doveva essere il primo del suo pontificato.6 Volle concedere ogni settimana udienza agli inviati dello Stato pontificio, al fine di sentirne egli stesso tutte le lamentele. A nessuno era lecito scrivere ai suoi nepoti: costoro non dovevano sapere ciò ch’egli facesse. Egli si preparò un libro speciale su tutti i loro misfatti. Tenne per sè la chiave dell’appartamento Borgia : si pretese sapere ch’egli intendeva ribenedire coll’acqua santa quei locali, perchè vi avevano abitato spiriti malvagi.6 1 Cfr. le relazioni presso Ancel, Secrét. 40 e Nonciat. I, vm. 2 Quanto sta nel testo è secondo l’egregia esposizione di Ancel, Disgrâce 42 s., 55 s. ; v. anche Kiess 368 s. È sicuro che anche dopo la sua caduta Carafa visse scostumato ; v. Studi star. Vili, 255. s Cfr. gli * Avvisi di. Roma del 4 e 11 febbraio 1559. Cod. TJrb. 1039, p. 7 e 8. Biblioteca Vaticana. 4 Cfr. Saivago in Atti Lig. XIII, 757. 5 Vedi Caracciolus, Colìectanea 65; cfr. in proposito la dichiarazione riferita da Pacheco presso Ancel, Disgrâce 182. 6 * Avviso di Roma dell’8 febbraio 1557, loc. cit.