144 Giulio III. 1550-1555. Libro I. Capitolo 4c. diche e ascoltar confessioni i parroci. Parecchi dei loro privilegi violano i diritti dei vescovi, del papa, delle università. E poiché essi vogliono far credere che intendono lavorare alla conversione dei Turchi e degli infedeli, erigano case ai confini della cristianità, giacché da Parigi a Costantinopoli la via è troppo lunga. Non meno ostile si addimostrò la facoltà teologica. Essa cercò avanti tutto di tirare per le lunghe il negozio, ma finalmente il decano dichiarò al provinciale Broet, che i Gesuiti nulla otterrebbero, che i loro privilegi non erano confermati « dalla Chiesa, cioè da un concilio» e che il papa non poteva concedere privilegi a danno dei vescovi e dei parroci.1 Quando poi ai 3 d’agosto del 1554 il Parlamento insistette per una risposta riguardo all’affare dei Gesuiti, venti teologi assoggettarono ogni giorno ad esame le bolle pontificie fino a che addì 1° dicembre 1554 si prese la decisione. Essa equivale a piena condanna.2 Secondo il documento, il nome stesso della nuova società è scandaloso : essa va biasimata perchè accetta tutti senza distinzione. Alla costituzione della nuova società si fa rimprovero di tutte le differenze dagli Ordini più antichi e ricompare la incolpazione che i suoi privilegi stiano in contraddizione coi diritti dei signori spirituali e temporali. E, riassumendo, alla fine si dice che la Compagnia di Gesù è pericolosa per la fede, turba la pace della Chiesa, distrugge lo stato monastico, più abbatte che non edifichi. A questa condanna di documenti pontifici precede un’introduzione, in cui i dottori esprimono la loro «profonda riverenza verso la Santa Sede ». Naturalmente, il fatto che la corporazione dotta più ragguardevole si fosse espressa in tal guisa, provocò dappertutto la più grande eccitazione contro il giovane Ordine : si predicava dai pergami contro i Gesuiti e s’affiggevano manifesti contro di essi. Ai 27 di maggio del 1555 il vescovo sotto pena di scomunica vietò loro qualsiasi esercizio della cura pastorale fin tanto che le bolle non fossero confermate da lui, dalla facoltà e dal Parlamento. Broet chinò la testa, quantunque la scomunica fosse stata invalida, interpose però appello alla Sede romana.3 Dall’universale eccitazione, che in seguito al decreto parigino prese anche i Gesuiti, era rimasto affatto immune il fondatore del-l’Ordine. Allorché i più eminenti padri romani gli osservarono che dovevasi scrivere contro il decreto e confutare le false accuse, egli con somma calma rispose che non era necessario. Anche in seguito non volle saperne che si facessero passi diretti contro quella re- 1 Broet a Ignazio il 9 agosto 1553 in Epist. Bròeti 94. 2 Presso Du Pi.essis d’Argentrk II, 194 e (senza l’introduzione) Poi.anco TV, 328. 8 Epist. Broeti 102.